Parliamo, invece, del modo in cui lei scrive questi film...
Un elemento, ingiustamente, trascurato e di secondo piano rispetto allo stile visivo della storia. Qui, però, non saprei proprio dirle quali scrittori mi hanno influenzato.
Quali sono le influenze cinematografiche di The Village?
Due film in particolare mi hanno influenzato molto: I compari di Robert Altman e Picnic ad Hanging Rock di Peter Weir. Del resto mentre giravo il film che è nato in una certa maniera, qualcosa lentamente è andato alterandosi. The Village è diventato così pian piano in una versione realistica Mago di Oz ambientato tra le nebbie del cinema di Tim Burton. L'aspetto e il segno grafico cambiavano mentre andavo avanti. Mi piace l'idea di creare qualcosa sospeso tra il cinema e il teatro. Non faccio molti tagli, adoro le lunghe sequenze, il pubblico è come la macchina da presa. Il cinema, per me, nasce sul set. Non in sala di montaggio.
Nel film il rosso e il giallo hanno una funzione interessante. Perché ha scelto proprio questi colori?
E' una scelta basata sulla sensibilità della psiche umana e sulle reazioni differenti ai vari colori. Come noi reagiamo fisicamente ai colori. Se una stanza è rossa noi soffriamo di un'ansia maggiore ed è associata alla paura. Il giallo, invece, induce un senso di calma. E' un'idea che nasce da me, da come io percepisco gli esseri umani che incontro. Non è tanto come parlano o il loro aspetto fisico o altre percezioni sensoriali, ma è l'insieme di tutte queste cose che fa nascere dentro di me una percezione colorata e che può essere luminosa, più cupa, a più colori. Ad esempio William Hurt è più sottile rispetto alla luminosità brillante di Bryce Howard. Sulla base dei colori che percepisco trovo il ruolo adeguato per gli attori. Adrien Brody ha più colori e molto vividi. Joaquin Phoenix ha un colore più scuro, un colore che all'inizio potrebbe far paura ma che in realtà non deve far paura, ha l'intensità giusta per l'eroe. So che non è una cosa razionale. E' la mia rappresentazione interna di ciò che questa persona mi trasmette.
The Village, però, è un film sulla paura e la menzogna...
Vivo in una fattoria poco lontana da Philadelphia in mezzo agli alberi e sono felice. Le mie figlie si divertono molto ad inseguire le rane dello stagno e io sono lì che le guardo e che - nel frattempo scrivo i miei film. Mentre io vivo questa realtà, da qualche altra parte del mondo è in corso una guerra con gente che muore ogni giorno e autobomba che mietono centinaia di vittime. E' duro da pensare. Per me è facile fare finta che il mondo sia soltanto un luogo meraviglioso, mentre sto a casa mia dove non abbiamo una televisione collegata a nulla se non ad un lettore di Dvd.
Vivo un meccanismo di autoprotezione in cui fai finta che il resto del mondo non esista. E' come vivere una splendida ossessione . Leggere il consiglio degli anziani come una metafora di Bush sarebbe sbagliato. I realtà queste persone sono gente spaventata come noi e che è in fuga dalla società. La bugia è un modo per proteggere gli altri dalle cose brutte del mondo. Come le immagini dei bambini che abbiamo ucciso in Iraq ogni giorno.
Il mito dell'innocenza perduta o meno che sia...
Ogni secolo ha definito chiaramente quali sono le cose davvero importanti per l'esistenza. Io uso pochissimo il televisore se non per vedere film. Le mie figlie guardano pochissimo la televisione e sono più semplici delle loro compagne. Non so se sia un bene o un male: il loro mondo è più semplice e sono più ingenue rispetto le loro compagne che, invece, si muovono già come J.Lo. C'è sempre questo desiderio.
Io non credo nell'inevitabilità del male: al cuore del male spesso c'è qualcosa di profondamente ingenuo e innocente. Ci sono elementi puri che, poi, decadendo - ingenerano confusione.
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