Terry Gilliam ha superato la soglia dei sessant'anni, ma come tutti i gli idealisti e i folli non li dimostra. A vederlo così, ripreso quasi clandestinamente sul set di un film non realizzato, ha qualcosa che ricorda Jack Nicholson. Forse l'elemento che più condivide con il mattatore di Shining e Qualcuno volò sul nido del cuculo, più che nei lineamenti, sta in quella strana luce dello sguardo, difficile dire se di pazzia o di genialità. E se Nicholson, forse, ha perso il senno sul set del capolavoro di Stanley Kubrick, in seguito alla maniacalità registica del Maestro, Gilliam deve esserselo lasciato dietro ai tempi in cui folleggiava - e scriveva la storia del cinema grottesco - con i famigerati Monty Python.
Il film non realizzato a cui mi riferivo prima è The man who killed Don Quixote, ovvero L'uomo che uccise Don Chisciotte, progetto al quale il regista pensava da quasi dieci anni, e che ha tentato di mettere su pellicola nell'autunno del duemila. Il film, nelle intenzioni, aveva tutte le carte in regola per risultare un prodotto davvero interessante, e non privo di richiami per il grande pubblico, per esempio nella presenza di Johnny Depp tra i personaggi principali. Il Don Chisciotte di Cervantes è un testo il cui significato, per noi moderni, è quasi opposto a quello che aveva al tempo in cui fu scritto: se allora il cavaliere macilento e visionario non era che un elemento da deridere, per l'intera durata dell'opera, oggi Don Chisciotte è amato quale simbolo di chi combatte fino all'ultimo battaglie perse, tenendosi stretti sogni e ideali. Le trasposizioni cinematografiche più vicine alla concezione originaria sono numerose, mentre pare che penda una maledizione sulle interpretazioni più libere e allo stesso tempo più vicine a ciò che rappresenta il personaggio. Ci provò Orson Welles, che per realizzare questo suo sogno risparmiava denaro dagli altri film cui partecipava, ma morì prima di completare l'opera. Terry Gilliam non poteva non amare un simile personaggio, così sospeso tra le ricche visioni personali e la piattezza disarmante della realtà, così ha messo in cantiere il progetto, ma, per quanto sia vivo e in salute, non si può dire che gli sia andata molto meglio.
I produttori statunitensi, alla nuova proposta del regista, sono fuggiti terrorizzati peggio che vampiri di fronte a una croce: sulla fedina penale di Gilliam c'è già il flop di Le avventure del Barone di Munchausen, simile faraonica quanto libera trasposizione di un classico, e nessuno di loro avrebbe investito il proprio prezioso denaro in un'impresa tanto a rischio (salvo poi finanziare buchi neri della cinematografia come alcuni recenti sequel o remake, ma questa è un'altra storia). Soluzione: trasferta europea, ma conseguente budget ridotto. Nel ruolo del "cavaliere dalla trista figura" l'attore francese Jean Rochefort, perfetto anagraficamente e in quanto a perizia nel cavalcare. Sulla strada di Don Chisciotte si sarebbe ritrovato un pubblicitario dei giorni nostri, Johnny Depp, erroneamente scambiato per lo scudiero Sancho Panza, e di conseguenza trascinato in mille avventure. Se la preproduzione si è rivelata movimentata, con parte del cast giunto all'ultimo momento, i costumi ancora da consegnare, capannoni malridotti da utilizzare come set, i veri guai sono sbucati fuori tutti in una volta all'inizio delle riprese. Sull'altopiano scelto per molti esterni, continuamente visitato da jet della Nato, si è abbattuto un violento nubifragio che, oltre a rovinare molte attrezzature, ha cambiato colore al terreno, rendendo inutilizzabili le sequenze già girate.
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