Il "terzo braccio cibernetico" di Stelarc
Il "terzo braccio cibernetico" di Stelarc
Comunque penso appaia evidente come, superando un'ontologia improntata alla purezza della nostra specie, si stia affermando (non solo nella fantascienza) una visione del concetto di umanità fondata sulla contaminazione con l'alterità non-umana. E' una sorta di profilo "post-human" che concepisce l'uomo un ibrido high tech in continua ridefinizione, e che secondo alcuni studiosi muta il concetto di hybris da "atto che offende l'essere umano a momento centrale della stessa ontogenesi" (R. Marchesini, Post-human, Boringhieri, 2003). Questa concezione fa un po' il paio con quella del "corpo obsoleto", propagandato non solo in romanzi cyberpunk ma anche da studiosi di fama, per esempio Pier Luigi Capucci, Derrick de Kerckhove, Hans Moravec, Sally Prior e altri, nel volume Il corpo tecnologico, a cura di Pier Luigi Capucci (Baskerville, 1994). Sulla stessa linea si pongono quindi tutti gli altri generi di manipolazione del corpo, anche esteriori - nel senso che non collegate a una intrusione genetica o protesica: tatuaggi, scaring, nuova cosmesi, chirurgia estetica, vendita di propri organi, culture di cellule, la stessa "body art", le originali (talora sconvolgenti) performances di "attori" quali l'australiano Stelarc (si pensi al suo terzo braccio cibernetico, o all'intrusione nel suo corpo e nelle sue viscere, a scopo di provocazione, di vari oggetti tecnologici), e la performer francese Orlan, che con successivi interventi chirurgici sta trascrivendo sul suo volto un immaginario polimorfo, stravolgendo la nozione tradizionale di identità. Si tratta in definitiva di una desacralizzazione del corpo, usato talora a fini puramente utilitaristici, ma che parte da molto lontano (Mary Shelley e il suo Frankenstein mostrano implicazioni più che mai attuali). Su questo terreno, anticipavo, la narrativa cyberpunk ha espresso moltissimo, nel senso che corpi esteriormente modificati nei modi più fantasiosi sono addirittura diventati quasi un suo sfondo, se non un suo sottofondo estetico.

D'altronde, usiamo protesi dai tempi della preistoria: si tratta di oggetti o costrutti mentali in grado di agevolare l'uomo nelle sue attività. La clava fu probabilmente la prima protesi (magari un osso, come nel film 2001 odissea nello spazio), estensione amplificata dei muscoli. Le pellicce animali con cui ci si riparava dalle intemperie, le grotte in cui ci si rifugiava, erano protesi che potenziavano la pelle umana (le odierne case e i grattacieli, per quanto elaborati, hanno la medesima funzione). Protesi mentali sono i calcoli dell'ingegnere che costruisce un ponte, la relatività einsteiniana per lo studio del cosmo. Protesi per eccellenza oggi sono cellulare e personal computer. Accade che le protesi fisiche, partorite e uscite dalla mente dell'uomo, ora tornino a lui, rientrino nella sua carne: si pensi alle articolazioni artificiali dei femori, ai denti finti, al cuore artificiale. E' nei reparti delle cliniche che nasce in realtà il cyborg. Come giustamente ha dichiarato un autore di fantascienza: "Sapevo che prima o poi il cyborg si sarebbe realizzato, ma non avrei mai immaginato di ritrovarlo... in mia nonna".

Si prevedono meccanismi che potrebbero fare dell'uomo un semidio: immaginiamo un cellulare che intercetti le parole direttamente nei neuroni in cui esse si formano, e le trasmetta nei neuroni del nostro interlocutore: saremmo a una telepatia tecnologica. Potremmo scambiarci sensazioni pure, sentimenti, percezioni per le quali non abbiamo parole. Altre protesi potenzieranno i cinque sensi. Dinanzi ai nostri occhi scorreranno schermi virtuali; con lo sguardo comanderemo oggetti "intelligenti" (vetture, elettrodomestici, cartelloni stradali). Forse potremo anche uccidere telepaticamente: ciò che si connetterà al cervello diverrà un'arma a doppio taglio.