Ho incominciato leggendo l'operina sull'Odissea, in verità vagamente prevenuto: cosa si potrà mai dire di nuovo o quanto meno di "interessante" - ho pensato - su un poema dalla fama... mostruosa, che condiziona la nostra civiltà (e la nostra scrittura) da millenni? Eppure ammetto di aver assorbito d'un fiato le ventotto pagine. Mi sono trovato di colpo immerso in un'atmosfera raccolta, pensosa, solitaria (è il resoconto di un viaggio realmente fatto da Briganti, da solo, sulle orme di sogni antichi), ricca di riflessioni, a tratti po' filosofeggiante, descrittiva di panorami talora edenici, rievocativa di un passato mitico; una narrativa "leggiadra" ma significativa, che mi ha toccato corde profonde. Limpidissima, scorrevole, piacevole la scrittura. Fra l'altro si intuisce che Briganti sia una di quelle persone capaci di "star bene con se stessi", pur non rifiutando compagnia e amicizie: insomma né un misantropo, tanto meno un misogino. Ed è difficile, constato, trovare chi oggi non aborrisca restare a lungo unicamente a confronto col proprio sé, forse per timore di scoprire un vuoto che non si sa come colmare, che terrorizza.
Gli altri due fascicoli mutano decisamente atmosfera. Quello dedicato alla follia propone una diecina di storie brevissime di "quotidiana oscurità", narrate tutte in prima persona (la scelta - forse la finzione - "diaristica" l'impone). Nel vagamente borgesiano L'equazione della morte, per esempio, scopriamo che che esiste una legge secondo cui si può prevedere quante persone moriranno ogni anno, e di che età. Si tratta solo di saper calcolare le "onde della morte". Scrive Briganti: "Sei proprio certo che la morte avvenga a caso, in modo imprevedibile? Che non vi sia un ordine nel quando si deve morire? Se pensi così sei in errore, e fai parte delle vittime inconsapevoli..." Oppure (da Il buio e gli specchi): "Nel buio, gli specchi sono vagamente inquietanti, non si può mai scommettere sull'immagine che ti rimanderanno. Il buio ne altera le capacità di riflessione e può rivelarne altre qualità, inattese quanto sconcertanti..." Vendicazioni
(non a caso termine amato da Borges) è una sorta di introduzione al volumetto; l'autore - se è lui che parla - afferma: "Ho scritto questo libro per seminarlo nel mondo come un virus fra i reietti, gli esclusi, i falliti; coloro ai quali la vita è stata nemica senza ragione, per dare forma ai sogni di cui si nutrono e splendore alla loro follia. (...) Io dico: rivendicate la vostra follia, fatela risplendere se vi piace..."
Il terzo titolo, Tutti i miei Diavoli, raccoglie altre storie brevi, incentrate stavolta sulle figure dei demoni personali, sorta di "Diavoli custode" che albergano in ciascuno di noi, e che talora escono fuori di noi. E come si sa, "...al Diavolo puoi dire tutto [come al diario, appunto... NdC]; non c'è nefandezza che egli non voglia ascoltare con comprensione e incoraggiamento. E poi, può leggerti dentro molto più chiaramente di quanto tu possa esprimerti..."
In definitiva, per me una lettura inattesa, sorprendente, particolarmente gradita.
Antonio Briganti informa che, in via d'eccezione, sarà lieto di inviare copie gratuite ai lettori di Delos che eventualmente gliene facessero richiesta. Il suo indirizzo e-mail è antonio.briganti@login.it, l'Url del racconto su Delos www.delos.fantascienza.com/delos/89
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