Scarso tempismo nell'uscita del film? Può essere. In effetti, anche se veniamo da un inverno insolitamente lungo e da una primavera che è durata quindici minuti netti, in questo momento in cui, mentre scriviamo oppressi dall'improvviso caldo equatoriale, aneliamo soltanto a un po' di fresco, è un po' problematico credere alla glaciazione extra rapida descritta nel film di Roland Emmerich. Anzi, è difficile credere a una qualsiasi glaciazione.Di fatto potremmo anche gradire l'idea del Colosseo trasformato in un blocco di ghiaccio. Certo che, abbracciati ai nostri condizionatori che stanno pompando nel mondo esterno aria bollente a tutto spiano aumentando l'effetto serra (e a passare davanti un negozio, intercettando il getto d'aria ardente, si rischia un'arrostitura istantanea), mentre il ministro della Salute dirama circolari per far tradurre gli anziani nei supermarket dotati di aria condizionata, l'idea di una glaciazione che si stenda sul globo non è molto convincente. Eppure, per i climatologi catastrofisti che ancora si stanno battendo con il coltellaccio tra i denti con i climatologi che dicono che va tutto bene, il Grande Freddo sarebbe proprio figlio del Grande Caldo di cui ci siamo occupati nello speciale Delos n.82 .
E allora, dovremo rassegnarci all'idea di essere scavati fuori tra cinquantamila anni, durante il disgelo, ancora in fila al supermarket come i mammut che ogni tanto vengono ritrovati in Siberia?
Secondo la fantascienza non ci sarebbe nulla di strano, ma è notorio che la fantascienza si è autoinvestita della missione di portare sfiga. Quando sembra che tutto vada bene, gode da matti nell'immaginare esplosioni nucleari, diluvi universali, comete che sfiorano costantemente la Terra peggio di auto in un parcheggio e altre amenità. Ma va tutto bene? Soprattutto, il fatto che vada tutto bene "adesso" (forse), ci autorizza a infischiarcene del nostro futuro, come se tutto dovesse "sempre e comunque" andare bene e non fosse invece determinato dalle nostre scelte? Qui, anche se parleremo di comete e stelle nere (in passato, l'idea che lo sviluppo umano potesse influenzare il clima era troppo enorme perché persino specialisti nella sfiga maxima come gli scrittori di fantascienza potessero prenderla in considerazione) dovremo invece fare i conti con l'ipotesi che gli scenari delineati dalla fantascienza a causa di un qualche cataclisma cosmico, siano invece determinati da un mero e insignificante cataclisma terrestre: in soldoni, la presenza stessa dell'uomo sul suo pianeta natale. Tanto, che si tratti di comete o inquinamento, il freddo è freddo. Punto e basta.
Unica avvertenza, per evitare di complicarci la vita con scenari di candore abbacinante che però non ci riguardano da vicino, ci occuperemo soltanto del ghiacciolo Terra.
La Sopravvivenza
"Mi dia cinque etti d'aria, che ho ospiti. Ma mi raccomando, bella magra". Così (o quasi) si esprimerebbe una brava casalinga in uno dei più famosi racconti di fantascienza: A Pail of Air, (Galaxy, dic. 1951, tit. it. Un secchio d'aria Le grandi storie della fantascienza 13, Bompiani, Milano, 1994), di Fritz Leiber. La Terra è stata strappata al suo Sole dall'incontro con una stella morta, che l'ha trascinata con sé. L'atmosfera, il poco che non è andato disperso nello spazio si è ghiacciata, e il decenne bambino, protagonista del racconto (e dalla scelta di un tale protagonista il racconto prende una forza che gli ha consentito di superare i cinquanta anni di vita e la fine del millennio) nelle prime pagine deve uscire di casa, trasformata da Pa' in un rifugio di fortuna, per prendere un secchio di aria da scongelare davanti al fuoco. Il mondo è spettrale, soltanto ghiaccio in una notte eterna, e Ma', Pa', Sis e Figlio, vivono stretti nel loro minuscolo Nido. Ma anche così l'umanità riesce a sopravvivere. E quando la famigliola scoprirà di non essere sola, sarà stranamente restia ad uscire dal ventre materno costituito dal Nido.
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