Karen posò il gomito sul tavolo, la guancia sul palmo della mano. Gli stava prendendo le misure; lo metteva con le spalle al muro, imburrando la trappola.
- Però ci sono delle difficoltà - sorrise. Molto acuta.
Lui abbassò lo sguardo sugli avanzi del gelato.
- Come sempre. Ma stavolta... be', è un guaio. Contavo d'includere un mio pezzo nell'album... ero sicuro di farcela con i tempi, voglio dire. - (Karen annuisce. Sono dalla tua parte, David. Continua). Lui continuò: - Invece, in questi ultimi giorni... niente. Mi sono bloccato. Senza speranze.
(David Byrne si passa una mano fra i capelli. Lei aggrotta le sopracciglia. Pentita? Forse non intendeva colpire così basso).
- Quand'è che entrate in studio? - chiese ancora. Aveva evidentemente eseguito un rapido calcolo: siamo all'inizio di primavera, il vostro album esce in autunno... quindi non deve mancare molto alle prime sedute di registrazione. - Voglio sapere quando.
- Fra un paio di settimane.
- Mi dispiace.
- Figurati.
(Un tizio in giaccone a quadri e occhiali montati in oro arriva nella saletta, reggendo il vassoio. Torta Sacher e caffè. Si guarda intorno con aria smarrita. Il marinaio sonnecchia).
- Credi - incalzò lei - che possa darti una mano?
- Se ci sono delle idee.
- M-mh. Parecchie. Vogliamo cominciare?
Né obiezioni, né scrupoli di coscienza. Entrambi ormai moneta fuori corso, con la domenica (e il lunedì) gettati ai rovi, e senza la benché minima speranza di completare in tempo la "sua" canzone. Era un gioco, no? Poteva anche rivelarsi divertente.
- Cominciamo - disse Byrne.
- Perfetto. - Karen deglutì. - Ora, qual è il tema del brano? Me lo puoi spiegare, in due parole? - Lui annuì. Questo era possibile.
- La Grande Mela - spiegò. - Il crogiuolo.
La ragazza ebbe un sorrisetto di rimprovero.
- New York, eh? - disse. Pronunciò il nome della città in modo distaccato... quasi con una certa indifferenza. Non era newyorchese... oh, no. E nemmeno americana. Forse britannica... o del Commonwealth. Australia, Sud Africa. Meglio non indagare.
- Già - rispose Byrne. - Gli edifici, il traffico. Ne parlano tutti da decenni, okay, ma la verità pura e semplice è che nessuno ha voglia di smettere. Sul palco, come in platea. E dal momento che vivo qui al centro della Mela... be', scrivere un pezzo sull'argomento mi è sembrato quasi un obbligo, ecco... - Lasciò la frase in sospeso, impacciato.
In risposta l'indice destro di Karen scattò verso l'alto, diritto come un'asta di bandiera.
- Primo - disse - definire il problema. Stai lavorando insieme agli altri al nuovo disco e un bel giorno arrivi alla conclusione che senza un brano "geografico" l'album non funzionerebbe affatto. O sbaglio? Allora, ti metti a scrivere una canzone su New York - e fin qui, niente da dire. Non sei il primo, non sarai l'ultimo. Ma nel corso della stesura incontri degli ostacoli insormontabili... non importa di che genere. Li incontri, e basta. E ti senti in cadere dal panico. Mi segui?
- S... sì. Direi di sì.
Il medio si affiancò all'indice: un segno di vittoria.
- Secondo, David. Alle volte capita di non vedere qualcosa, soltanto perché ci teniamo il naso premuto sopra. Modifica la prospettiva. Che ne diresti di un brano sulla costa Atlantica... o gli Stati Uniti, direttamente. Un grande paese vale la Grande Mela, ti pare?
- Sì. Sì, va bene. Sono d'accordo.
Fu la volta dell'anulare. Uscì da dietro il palmo come la lama di un serramanico.
- Terzo. Non basarti su ciò che vedi ogni santo giorno. Cerca... cerca di ricordare un'esperienza vivida, insolita... importante. Un viaggio.
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