C'erano molte macchine sul tipo dei tavoli-standard, con annesso archivio. Alcuni tecnici se ne stavano ai loro banchi.
- Helmuth - disse il Direttore a uno d'essi - il tavolo dei moduli A-10?
- Questo, Direttore - rispose l'altro guidandoci a una postazione poco distante.
- A lei, Mark, ora. Mi richiami quando avrà terminato. Buon lavoro.
Quasi senza rendermene conto sedetti, premetti il pulsante e dall'archivio presero a uscire moduli di dati. Avevano la stessa struttura che presentavano nelle nostre sezioni. Non mi accorsi di aver cominciato a lavorarci, né di quel mio primo istintivo esame; mi trovai d'un tratto con il segnale di "vuoto" dell'archivio ammiccante, e i moduli in ordine nelle loro tabelle perforate. Mi alzai e raggiunsi il tecnico di prima.
- Vorrei chiamare il Direttore.
Senza parlare, quello premette il pulsante di chiamata. Pochi minuti dopo la porta si aprì ed entrò il Direttore.
- Desidera dei chiarimenti, Mark? - mi chiese.
- Ho finito, Direttore.
- Finito? - Anche il tecnico pareva stupito.
Raggiungemmo il mio tavolo, il tecnico ne estrasse le schede perforate che avevo ordinato e le porse al Direttore, che le fece scorrere tra le mani.
- Vediamo la disposizione-campione - disse. Si accostò a una macchina alla parete introducendovi le schede. Nella macchina probabilmente c'erano le memorie di tutte le disposizioni per i moduli di esame.
Le schede ne uscirono con lo stesso ordine in cui io le avevo poste, e con "Esatto 100/100" stampigliato sul cartellino di valutazione.
- Bene... Ehm... da domani potrà prendere servizio in una nuova sezione. E' libero, ora - mi disse soltanto.
Salutai e uscii. Tornai nel mio vecchio ufficio, rilevai i miei effetti personali, informai Louis del cambio e lo lasciai.
- Auguri per te, Mark - mi disse mentre andavo via, con tono sincero.
Era presto. A casa feci una lunga doccia. Quando terminai, mi asciugai senza la preoccupazione di rivestirmi.
Nel soggiorno sedetti in poltrona. Le cose erano sul punto di mutare.
Soltanto qualche giorno ancora. Ma come, e in qual modo, con quali conseguenze, non sapevo. Neppure me lo chiedevo. Sarei potuto tornare indietro e - fu una pura constatazione - nulla me l'avrebbe impedito, ma di ciò che avevo lasciato non avrei ritrovato niente. L'azione, in quanto tale, apre un processo a catena. Ci si giustifica del prodotto di istante in istante, il prodotto di adesso ha soppiantato quello di prima e verrà soppiantato da quello successivo. E se si smette a un certo punto, non si riavrà quello da cui si era partiti, ma quello del momento in cui si è smesso. Io non avrei avuto nulla. Perché il mio prodotto era incomprensibile.
Mi alzai che cominciava a far buio, mangiai qualcosa, mi lavai, andai a letto.
Mi era dentro o attorno ogni volta più grande, più dinamico, più inafferrabile. Pensiero su pensiero. Rami che venivano completati, altri di cui subito dopo s'imponeva l'urgenza, senza poterne prevedere la fine.
Il mattino seguente il Direttore mi accompagnò nel mio nuovo ufficio. Lì ero solo.
Mi lasciò augurandomi buon lavoro e complimentandosi per il giorno prima. Non ricordo nulla del tipo di moduli ai quali lavorai quella mattina. Da quel giorno in poi tutti i miei ricordi, se tali si possono ancora chiamare, sono divenuti sfocati, non definiti... sono più impressioni che ricordi, ecco.
Il lavoro concluso in tempi sempre più stretti... gli identici intervalli di mezzogiorno... turni pomeridiani come al mattino brevissimi di lavoro...
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