- Parla! - mi disse.
- Soltanto un mal di testa.
- Un mal di testa a te?
- Non ti convince?
- Sì, purché me ne dica il motivo.
- Incuriosirebbe perfino me.
Mi si piantò dinanzi di botto.
- Non possiamo andare avanti così... - esclamò.
La guardai senza parlare.
Il turno pomeridiano finì, ma non corse nel modo solito.
All'uscita c'era Lohu.
- Andiamo a casa tua - mi disse quando fu in macchina.
Senza parlare misi in moto e mi ci diressi.
Era nervosa. Non era normale: al di fuori dei suoi momenti Lohu sa essere parecchio equilibrata. Man mano che ci avvicinavamo a casa il suo nervosismo pareva aumentare. Quando fummo arrivati, era come scossa da piccoli brividi.
La portai in cucina e presi dal frigorifero un bicchiere di latte per lei.
Lo rifiutò. Spalancò la porta del soggiorno e vi entrò, rimase come tesa in una percezione extrasensoria ma ne uscì quasi subito, andò nel mio studio ma anche lì restò pochi secondi, e altrettanto nel salotto. Poi aprì la porta della camera da letto, e si irrigidì sulla soglia. Prese a tremare e battere i denti tanto che mi allarmò. Le fui vicino e la trascinai in cucina, la feci sedere e la indussi a prendere il latte, che nel frattempo si era fatto tiepido.
- Che ti è preso, Lohu? - Tremava ancora tutta.
La accompagnai in salotto e la feci distendere su una poltrona. In bagno riempii la vasca di acqua tiepida, andai a prenderla, la spogliai panno per panno e la feci immergere. Ce la tenni finché i brividi non furono passati.
Allora la rialzai, l'aiutai ad asciugarsi e la lasciai a vestirsi. Quando fu uscita la feci accomodare nel soggiorno, le offrii del tè che avevo preparato e misi un brano di Mozart sul grammofono in sordina. Era molto più calma. Restammo finché la musica finì; poi la riaccompagnai a casa.
Quando tornai era buio. Mi spogliai, feci la doccia ed entrai in camera. Ho l'abitudine di dormire nudo, forse per una sensibilità epidermica particolare.
Ma nudo mi sento libero. Avverto con tutto il corpo la ruvidità piacevole delle lenzuola e l'aria attorno. E poi sono convinto che essere nudi sia anche una necessità: accettarsi per come si è realmente, anche se non sempre può essere estetico. Entrato nel letto spensi la luce.
Li sentii subito. Pastosi, consistenti di una solidità indiscutibile, anche se imprecisabile. E ancora fu più forte di me era sbizzarrirmici in una specie di orgia di cui non vedevo capo né coda, motivo né significato. Solo, mi sentivo preso da una smania di fare incontrollabile.
Il giorno dopo il mio intontimento fu leggermente minore.
Dovevo essere riuscito a controllarmi un po', e in ufficio non mi sentii a disagio. Almeno non al punto di grattare, ma cominciavo ad avvertire una sorta di irrequietezza, come di insofferenza per ciò che facevo, che forse mi impensierì ancora di più. Anche alla fine del turno tutto fu come al solito, e con Louis mi diressi verso il nostro posto. Ma per la prima volta dopo tanto tempo, quasi a forza. Non era propriamente un desiderio di cambiare che sentivo, era piuttosto una necessità di appartarmi, ma passiva. Non doveva dipendere da me, dovevano essere gli altri a isolarmi. Sedemmo al solito tavolo e pochi istanti dopo comparvero anche Lohu e Letsy. Lohu aveva cambiato pettinatura e vestito. Anche il trucco. Era molto scollata, il disegno delle labbra era stato esagerato e così pure l'espressione degli occhi.
Appariva molto più sensuale, e la nuova pettinatura l'assecondava. La guardai senza dire nulla. Lei cominciò a mangiare ma, insieme, si accese una sigaretta. Era la prima volta durante i pasti. Finì e gliene accesi un'altra. Io non fumo.
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