- Piantala! - cercò d'interromperlo Ary.
- Ecco come la penso io - proseguì l'Ectoplasma, ignorandolo. - Quello che tu chiami impropriamente Labirinto è, in effetti, la vita stessa. Il luogo dove l'esistenza prende forma allo stato puro, senza inutili sovrastrutture culturali. Nel Labirinto ogni essere vivente può esprimere la propria potenzialità, libero da qualsiasi vincolo e costrizione. Perché qui, e solo qui, la vita gli appare nella sua essenza più vera.
- Smettila.
- E' questo che tu non hai ancora afferrato. Il Labirinto è con te, non contro di te. Se lo accettassi, avresti la possibilità di farne lo strumento della tua completa realizzazione. Ma non ci riesci. O non vuoi. Sei pieno di rancore e di pregiudizi. Odi il Labirinto, ma in realtà non sai nemmeno perché. Cosa ti manca, la libertà? E' questa. La compagnia dei tuoi simili? Non l'hai mai avuta. Allora per quale motivo lo detesti? Nel Labirinto avresti la possibilità di esprimere te stesso come non ti è mai accaduto di poter fare. Eppure non vuoi. In tanti mesi sei riuscito a concepire solo un folle piano distruttivo. Un piano che oltre ad essere irragionevole ed infantile, non ha nemmeno possibilità di successo.
L'ultima osservazione ebbe il potere di scuotere Ary.
- Chi dice che non riuscirà? - scattò l'Assaltatore, suo malgrado.
L'Ectoplasma fece un sospiro.
- Non c'è alcuna possibilità che il tuo piano riesca - ripeté, con aria condiscendente. - So che negli ultimi tempi hai continuato a seminare mine atomiche nelle cupole in cui passavi. Undici, vero? Ti rimane da sistemarne ancora una. Poi conti di farle esplodere tutte insieme. Ma cosa pensi di ottenere? Non sai nemmeno se le mine risponderanno al tuo segnale. Dunque, perché non vuoi essere ragionevole... Cosa cerchi, alla fine?
- Cosa cerco? - sibilò Ary di rimando. - Cerco uno scopo.
- E' proprio questo il punto a cui volevo farti arrivare - replicò l'Ectoplasma, con l'ennesimo sorrisino. - Tu hai una visione grottescamente distorta dell'esistenza. E perciò ti affanni a cercare qualcosa che non esiste. L'unico scopo della vita è la vita stessa, Ary. Convincitene! L'unico scopo dell'esistenza è esistere. Non c'è nulla al di fuori di questo. E il Labirinto ti dà, appunto, la possibilità di rendertene conto. Vivere la vita e basta. L'esistenza in sé, senza inutili sovrastrutture. Non pensi che sia un'opportunità unica?
Ary non rispose. Avrebbe voluto zittire quel fantasma ciarliero sparandogli addosso. Ma l'Ectoplasma era solo un'immagine. Se lo sarebbe portato dietro (o dentro?) per sempre. Allungò una mano verso il contenitore e succhiò un po' di gelatina, per distrarsi. In quel momento, il computer della tuta emise un segnale più forte. Nel visore apparve una H, poi una I. Infine il numero 2. Ary rimase ad osservare la segnalazione per qualche attimo, né sorpreso né allarmato. Raccolse il laser, si tirò in piedi. Ignorando completamente l'Ectoplasma tornò alla radura. Dal folto della vegetazione prese ad osservare la piazzola che nascondeva il Condotto del Cibo. L'alieno che aveva individuato la prima volta era ancora 1à, nello stesso punto. Ary lo battezzò mentalmente Numero Uno. Ma alla sua sinistra ne era comparso un altro: il Numero Due. Anche lui se ne stava rintanato tra gli alberi, ai margini della radura. Secondo le rilevazioni dei sensori era più grosso del primo. Aveva sangue caldo. E non c'era da dubitare che nutrisse le stesse intenzioni: mettere le mani sulla gelatina del Condotto. Il duello era diventato una partita a tre. Tutto si complicava. Ma il risultato non sarebbe cambiato: uno di loro avrebbe conquistato il cibo. Gli altri due, probabilmente, sarebbero morti. Molto semplice. Elementare. L'Ectoplasma lo avrebbe chiamato "il gioco della vita senza sovrastrutture"...
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