Il potere del liquido scorreva in lui ora, poteva sentirlo fluire caldo e lento nel suo sangue, in sintonia con la lentezza del suo vivere, del suo pensare. Non ricordava quando era iniziata la via verso il liquido. Non riusciva già più a ricordare, il liquido aveva cancellato la memoria dell'inizio, così che una volta perse anche quelle poche frammentate immagini che lo rimandavano a un passato diverso, lui avrebbe potuto cominciare a sognare che la sua vita era nata nel liquido, lì nel deserto. Poteva credere di essere stato partorito dal liquido e dal liquido cresciuto. Il dio liquido, il dio della memoria e della dimenticanza...

Udì un grido lungo e acuto verso sud, dietro la Cresta del Diavolo, e si girò di scatto, gli animali!, pensò, il liquido! Ma il capannone era tranquillo, nessun rumore, quello era soltanto il grido di qualche animale notturno che iniziava la sua caccia.

Allora tornò a guardare il fuoco e rimase con la testa piegata di lato e appoggiata quasi su una spalla. Gli animali sono un parto del liquido, o il liquido è un prodotto della loro trasformazione?, gli venne da pensare. Una domanda importante sbocciata nella sua mente. Quante altre volte questa domanda gli era apparsa nei sogni? E la risposta, anche quella sicuramente doveva essere lì nascosta nella sua mente, sì, i sogni ci svelano le verità più preziose, sì certo, ma... no, no, non c'era risposta, e anche se c'era non poteva conoscerla, no, e se la conosceva l'aveva dimenticata ormai, come si può ricordare ciò che si sogna? Soltanto la sensazione labile di ripercorrere una domanda infinitamente complessa; questo affiorava in lui. Ma la risposta no; soltanto una domanda. E non era neppure certo di questo, in fondo poteva anche trattarsi di un dubbio sorto soltanto in quel momento e per la prima volta, opera del liquido che scorreva in lui; forse un problema su cui era in grado di concentrarsi quella sera per la prima volta, un problema che forse poteva fornirgli un futuro, un passato, delle ragioni. Lui era diverso prima. Aveva un passato. Sapeva questo. Ne aveva quasi la certezza. Ma allora cosa lo aveva portato al liquido, cosa aveva azzerato quel passato? Qualcuno l'aveva forse convinto a lasciarsi sedurre dal potere del liquido? Qualcuno? Qualcosa? Non ricordava. Forse sì, ma non riusciva a ricordare. Non stava cercando nulla. Non ricordava, non poteva cercare nulla in quel deserto. Non c'era nulla da cercare. C'erano solo quelle piante basse e rade, i cactus, la sabbia, quella sabbia così sottile e chiara, e i granelli minuti sollevati dal vento leggero. Soltanto sabbia e notte. E la luna. E le radici. Pensò alle radici, le radici rosse da tagliare in pezzi per nutrire gli animali. Ecco, ora lo sfiorò l'idea che la scorta di radici era quasi esaurita e doveva andare in cerca di nuove piante da raccogliere e stendere al sole a seccare, e tagliare in piccoli pezzi per nutrire gli animali. Sì, gli animali avevano fame e lui doveva aiutarli. Doveva farlo.

All'idea del cibo gli venne sete, ma non voleva alzarsi e muoversi fino al pozzo per pompare l'acqua. Poteva resistere fino a domani, fino all'alba. Pensò ai colori dell'alba, così simili a quelli delle fiamme, come se cielo e fuoco si fossero fusi nella sua mente in una sola materia, una sola origine.

Dal mucchio di legna scelse con cura due pezzi non molto grandi e li appoggiò sugli altri già accesi. Gli piaceva guardare le fiamme, percepirne il calore, a volte si meravigliava di quelle lingue guizzanti vicine ai suoi piedi, le pensava come creature vive, come lui, come gli animali. Gli animali. Qualcosa gli affiorò alla mente, brandelli di un pensiero che gli sembrava importante, come emersi da un mare denso, un mare di liquido scuro, tranquillo. Ma non riusciva più a concentrarsi ormai, c'erano solo fiamme e cenere, il deserto illuminato dalla luna, fiamme e cenere che gli danzavano davanti.