Poi si decise e si mosse. Guidato dalla minuscola luce rossa della pila si accostò alla leva del cibo e la azionò. Con uno scatto secco i contenitori appesi al soffitto sopra le gabbie si aprirono, ed egli udì il rotolare in basso e nelle gabbie dei minuscoli pezzi di radice che aveva depositato con cura durante il giorno. E subito sentì gli animali lanciarsi affamati sul cibo raschiando con le unghie sul metallo, producendo rumori di masticazione avida e ringhi sommessi di soddisfazione.

Restò a lungo ad ascoltarli mangiare. Ora la fase del pericolo era terminata. Sorrideva. Ora era tutto a posto, ora poteva anche andarsene a riposare, poteva aspettare il gocciolare del liquido e l'alba. Pigramente spostò il suo corpo pesante verso la porta del capannone, poi si voltò indietro ancora, lo sguardo puntato nell'oscurità verso i suoni, verso gli animali e la sua riserva di liquido. Rise a bocca aperta, e con la maschera che avvolgeva ancora il suo viso anche il suo sbuffare soddisfatto sembrava il lamento di uno degli animali.

Si sfilò la maschera e la appese al chiodo, e uscì e serrò la porta con tre mandate. Fuori era già scuro, l'aria asciutta trasmetteva la luminosità limpida delle stelle raccolte in costellazioni e gli venne naturale ispirare boccate di quell'aria pura muovendo con lentezza capo e braccia, inspirare, espirare, inspirare, mentre la luna rotonda imbiancava la vegetazione bassa e stentata, colorava con riflessi pallidi chilometri di pianura.

Avvicinandosi al cerchio di sassi che delimitava la zona del fuoco afferrò due o tre rami da un mucchio, li gettò leggeri sopra la cenere fredda accumulata nelle notti precedenti, poi infilò ciuffi di paglia tra i rami e ritornando alla legna sfilò altri rami e radici tagliate in pezzi corti. Quando accese la paglia le sue mani si animarono di ombre guizzanti, gli arbusti crepitarono e si arrossarono catturati dalle fiamme. Piegandosi lentamente sulle ginocchia si sedette con sforzo su un macigno largo e piatto di fronte al fuoco, e con un ramo più lungo degli altri prese a spostare il legno infiammato costruendo delicate strutture incandescenti che il calore divorava veloce.

Volse lo sguardo alla pianura, poi alle fiamme. Come piccoli specchi i suoi occhi riflettevano l'agitarsi del fuoco, il colore e il calore inondavano la sua faccia piena, le guance che traboccavano sul suo collo tozzo in fasce molli di grasso. Come in altre sere, nella luce delle fiamme affiorarono le immagini, ricordi che il liquido ancora gli regalava, vivi, intensi, dai contorni precisi. Quando era ancora magro: vide le sue braccia agili serrare altre braccia, stringere i corpi giovani di altri uomini, sfiorarne le pelli morbide, le braccia e le gambe; vide le loro mani che si intrecciavano alle sue e giocavano a lasciarsi, capelli scuri, capelli biondi e ricci, occhi luminosi come pezzi di cielo, labbra sottili, lingue bagnate che lasciavano sul suo corpo carezze liquide. E poi altre immagini si sovrapposero alle prime: immagini di un'età più recente, volti di altri amori, uomini, donne a volte. Si alternavano occhi socchiusi e labbra, nasi, movimenti composti di dita in cerca di piacere, bocche aperte. Ricordò i gesti, ed i particolari erano precisi fino al millesimo; c'era gioia nei volti, pieghe di passione e altre di dolore; la paura di perdere si mescolava nei ricordi all'avidità del prendere. E riaffioravano sequenze di momenti sbagliati, incontri sprecati, parole inutili, sofferenze. Su e su nel tempo, più vicini, fino al nero, un buco, il nulla...