Quanto c'è di verità nel personaggio di Hidalgo?
Un regista come John Ford diceva che non importa se una leggenda sia vera o meno a patto che venga ben raccontata. Invece a me importa, perché Hidalgo è un film interessante e anche un po' sovversivo per Hollywood. Si sentono recitare gli indiani e gli arabi nelle loro lingue, abbiamo come protagonista un personaggio che andato in medio oriente torna sapendo di avere imparato molto e non si propone come un modello da imitare....tutti elementi un po'insoliti per una produzione hollywoodiana.
Quello che ho imparato sul personaggio da Frank T. Hopkins - al di là dei libri - è che era un uomo speciale con una visione molto originale dell'allenamento dei cavalli e del loro allevamento. Ha anticipato di anni quei metodi che si vedono raccontati ne L'uomo che sussurrava ai cavalli. Era molto umano e gentile. Molto di lui l'ho imparato dalla tradizione orale che sopravvive tra gruppi diversi in Nord America. Sia tra i pellerossa che tra i cowboy americani. So che ci sono alcuni che sostengono che questo film sia una fandonia per fare propaganda in favore di Bush. In realtà non è così. Anche se il film è ambientato in Iraq noi abbiamo terminato le riprese molto prima che si prospettasse un'invasione e a nessuno interessava una presunta connessione politica con l'attualità. E' stato scritto due anni prima dell'11 settembre.
Sono contento, inoltre, come il regista Joe Johnston ha affrontato le implicazioni del nostro film con un cowboy credibile: un americano, ma non un rappresentante dell'America. Del resto se le cose fossero state diverse e gli obiettivi altri, io non avrei accettato di recitare in questo film...Ciò che si può realmente apprezzare alla fine della storia è che, come esseri umani, a prescindere dalla diversità delle nostre culture o dalla lontananza dei posti in cui ci rechiamo, sono molte di più le cose che abbiamo in comune rispetto a quelle che ci separano. Molte persone che lo hanno visto e gli stessi indiani e i musulmani che lavoravano con noi si sono rimasti colpiti dall'alto grado di rispetto che abbiamo voluto immettere nella narrazione.
Chi è che critica la veridicità del film?
Strani personaggi tutt'altro che in buona fede. Mi ha dispiaciuto leggere di persone che criticavano aspramente Hopkins considerando le sue gesta e il suo lavoro una menzogna. Andando a fare delle ricerche su costoro ho scoperto che si trattava di qualcuno motivato a sostenere l'importanza di cavalcare cavalli di razza araba, e quindi arrabbiati dal vedere il successo di chi vinse cavalcando un Mustang.
Del resto per essere fedeli allo spirito del film abbiamo realizzato Hidalgo in location in Marocco e a Wounded Knee. Il che ha donato un alto grado di verità alla storia. Questo ha comunicato a tutti coloro che lavorano nel film un alto grado di rispetto per la narrazione che - alla fine - credo sia evidente nelle immagini.
Si comportano come 'i cattivi' del film...
Esattamente. Inoltre l'idea di sostenere una razza pura mi fa rabbrividire pensando a quali aberrazioni siano state portate avanti nel corso del ventesimo secolo in nome di questo tipo di affermazioni...
Cosa significa per lei recitare?
Un po' quello che per me rappresenta l'idea stessa dell'arte: arrivare all'essenzialità. E non solo se si tratta di un ruolo al cinema, ma anche di un libro di poesie, di una musica, di una fotografia. Se posso usare il cinema come mezzo visivo, è meglio esprimere di più con il minore numero di parole possibili. Nel caso di Hidalgo Omar Sharif esprime in maniera molto semplice il suo personaggio con poche parole. Il suo talento è quello di essere sempre rilassato e di portare sulla scena lo spirito di quello ciò che lo circonda. Quel tipo di recitazione è spesso sottovalutato: i premi, le recensioni e perfino il successo di un film vengono determinati da interpretazioni più ovvie, strillate, esagerate. E' più facile piangere che sembrare di non fare nulla. E' più complesso essere piccoli e sottili che grossi e ridondanti. Omar Sharif è uno di quegli attori che fa sembrare tutto più facile. Io sono convinto che 'less is more': meno è di più.
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