Il Marte fantastico di Burroughs e Lewis
Edgar Rice Burroughs (1875-1950) era un impiegatuccio trentaseienne assillato da problemi di sopravvivenza. Improvvisamente decise di mettersi a scrivere: fu così che, dal nulla, rispettivamente negli anni Dieci e Venti del XX secolo nacquero due personaggi fra i più popolari di tutta la letteratura fantastica e di avventura: John Carter di Marte, e Tarzan. Personaggi poi ripresi da Burroughs in decine di romanzi successivi con un boom di vendite che finì col collocarlo ai vertici del mercato editoriale.
Il "ciclo Marziano" di John Carter consta di 11 volumi. Il primo d'essi, La Principessa di Marte, è del 1912. Anche qui l'ambientazione è un pianeta sede di antiche civiltà in declino, dove le risorse naturali si stanno esaurendo; mondo popolato dalle specie viventi più strane, con tribù e città-stato che combattono continuamente fra loro. In un simile contesto viene a materializzarsi un terrestre, trasportatovi da una specie di sdoppiamento di personalità durante una trance. Come accade in questo genere di strutture narrative (si tratti o no di fantascienza), l'"intruso" si troverà a dover combattere, a schierarsi, riuscirà a divenire cardine della vicenda, risolutore dei conflitti... e conquisterà anche l'affetto di una Principessa (la cui "bellezza", in verità, resta estremamente lontana anche dai più labili canoni terrestri). Siamo nell'ambito di una narrativa specificamente scientifico-avventurosa, con molte licenze di pura fantasia. Il linguaggio è didascalico, e da tempo storie come queste hanno in buona parte perso il loro smalto; non si può negare tuttavia a Burroughs una fervida fantasia e la capacità di costruire meccanismi narrativi di sicura presa. Ma soprattutto, gli va accreditata l'edificazione di un'altra buona fetta di "immaginario fantascientifico marziano", sul quale altri autori (Bradbury stesso) avrebbero ulteriormente costruito e affinato.
Clive Staple Lewis (1898-1963) è stato un autore inglese appartenente alla tradizione colta. Quasi tutte le opere di Lewis - noto critico, insegnante di inglese medievale presso Cambridge - sono, direttamente o indirettamente, a sfondo cristiano apologetico. Egli divise la sua vita lavorativa tra Oxford e Cambridge, fu legato da vincoli di strettissima amicizia a Tolkien, e unitamente ad altri (tra cui W.H. Auden) fece parte di una sorta di cenacolo, una élite a lungo misconosciuta di eruditi e mitografi che ci ha lasciato una ricchissima e composita eredità letteraria. Lewis scrisse anche libri per bambini, componendo una sorta di gradevole fantasy allegorica, come ad esempio il "ciclo di Narnia", in sette volumi, alcuni dei quali editi anche in Italia. E problemi massimi di etica e religione egli dibatté in una trilogia imperniata sul personaggio del dottor Ransom, suddivisa in tre romanzi: Perelandra, Questa orribile forza, Lontano dal pianeta silenzioso, che negli anni Cinquanta furono tutti pubblicati, come prima edizione italiana, nella collana La Medusa.
L'ultimo dei tre si volge, appunto, su Marte. Lì Ransom si troverà a scontrarsi, in una serie di avventure alternate a momenti di riflessione filosofico-religiosa, con un altro terrestre, che rappresenta le forze del Male.
Siamo a un approccio linguistico e concettuale decisamente "colto", completamente diverso da quello degli altri volumi di cui abbiamo detto. Da notare che, nell'universo fantastico creato da Lewis, il "pianeta silenzioso" richiamato nel titolo del libro è la nostra Terra: mentre ad altri mondi abitati sono connaturate delle armonie, per cui l'intero Cosmo è un concerto di voci, il nostro invece si sarebbe "spento" e azzittito per il prevalere del Male.
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