Piersilvio riapparve a Macondo dieci anni dopo. Era divenuto un maturo uomo d'arme con un passo lineare e una tristezza da saraceno. Sulla divisa strappata portava i gradi di colonnello, gli stivali dagli speroni marziali erano ingrommati del fango di mezzo mondo, e il viso severo era solcato da cicatrici. Era finanche spettinato.
Sul ponticello s'imbatté nello spettro scarnificato di un commilitone che aveva visto morire in battaglia. Il morto aveva un doloroso aspetto di terra rastrellata, e si grattava i fori dei proiettili come se ancora gli dolessero. Piersilvio si tolse il cappello e gli chiese compuntamente quali numeri dovesse giocare sulla ruota di Macondo. Lo spettro disse che non ci credeva a queste stronzate che servono solo a spillare quattrini ai gonzi, e che piuttosto gli consigliava di comprare azioni Parmalat. Piersilvio annuì e si allontanò camminando sulle acque del laghetto come gli aveva insegnato suo padre.
Fu lì che incontrò di nuovo la fanciulla di tanti anni prima, proprio come se il tempo gli fosse girato intorno e fossero tornati al principio. La giovane era proprio come lui la ricordava, salvo il fatto che pesava novecento chili e aveva un aspetto a metà strada tra un tapiro e Luciano Pavarotti. In quel momento Piersilvio capì che non poteva vivere senza di lei, e soprattutto che doveva portarla immediatamente alla trasmissione di Irene Pivetti e Platinette.
La fece operare, la sposò, e si trincerò con lei nel talamo nuziale ove fecero in tempo, tra una capoeira e una macumba figurata, a concepire due gemelli prima di essere trascinato di fronte al plotone d'esecuzione con l'infamante accusa di aver fatto sparire la cassa del reggimento. Piersilvio si difese argomentando di aver preso i soldi solo per migliorare le condizioni economiche dell'uranio dei proiettili che, meschino, si era impoverito. Ma infami delatori lo smentirono, e in più Bobo Vieri rivelò che in realtà l'accusato si era diplomato colonnello solo grazie al Cepu.
Senza perdere altro tempo i carcerieri lo legarono, lo bendarono e lo lasciarono in piedi accanto a Massimo Lopez proprio nel momento in cui questi chiudeva la sua secolare telefonata.
La prima scarica di pallettoni gli fece solo il solletico, dato che il colonnello si era previdentemente scolato un magico intruglio di succo di sambuco e bava di pavone che non soltanto rende invulnerabili ma dà anche parecchio sollievo alle emorroidi. Prima che il plotone potesse ricaricare, Silsilvio Buendía accorse in soccorso del figlio, impugnando la nuova legge di Macondo, appena promulgata, secondo la quale tutti coloro il cui cognome iniziava con "Buen" e finiva per "día" avevano assolutamente il diritto di squagliarsela con le casse dei reggimenti.
Piersilvio respirò di sollievo per lo scampato pericolo, abbracciò il padre, dopodiché scivolò su una buccia e si schiantò a testa bassa contro il trattore Iveco della locale piantagione di banane. Sopravvisse, ma restò talmente rincoglionito che per il resto della sua vita non fu capace di far altro che costruire aerei di carta pieghettando banconote da cinquecento euro, che poi gettava nel camino ghignando a vederli accartocciarsi tra le fiamme.
Silsilvio Buendía allevò i nipoti rimasti orfani come se fossero figli suoi, il che significa che ogni tanto non disdegnava di zifonarsi la nuora che dopo l'operazione era tornata ad avere un aspetto da Velina anche se ogni tanto minacciava ancora d'intonare Nessun Dorma.
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