Il 14 gennaio 2004 George Bush ha annunciato i piani per il futuro dell'astronautica americana. Dopo aver confermato la sua fiducia nell'attuale amministrazione dell'Ente spaziale americano e aver ricordato lo spirito pionieristico americano facendo riferimento a Lewis e Clark (che esplorarono la Louisiana partendo da St. Louis), il presidente degli Stati Uniti si è messo nei panni di Robert Heinlein e ha raccontato la propria Storia futura, elencando i passi che negli anni a venire, ben al di là della durata del suo mandato, porteranno gli uomini su Marte.
La storia comincia con la conclusione della Stazione spaziale internazionale, nel 2010, con la quale, sancisce Bush, saranno onorati gli impegni presi con gli alleati internazionali. Da qui in poi, sembra dire George W., l'onore e la gloria saranno solo americani: dal 2008 verrà lanciato il progetto del Crew Exploration Vehicle, che sostituirà lo Space Shuttle e che oltre a portare gli esseri umani dalla Terra alla Stazione Spaziale potrà portarli anche in viaggi esplorativi su altri pianeti del Sistema Solare. Per il 2020 gli Stati Uniti torneranno sulla Luna, pronti, da qui, a balzare ancora più lontano, verso l'obiettivo finale: Marte.
Non si sbilancia, Bush, nell'indicare quando avverrà questo sbarco (che in effetti Clinton aveva promesso entro il 2020, e che quindi sembra allontanarsi). A ben vedere, le promesse di Bush cominciano dal 2010, due anni dopo la fine del suo secondo mandato, sempre che il prossimo novembre venga rieletto. Prende, quindi, impegni non tanto per sé quanto per i suoi successori. Da parte sua si limita ad aggiungere un piccolo 5% al bilancio a favore della Nasa, una goccia in confronto al mare dei soldi che ha destinato alle forze armate.
La conquista dello spazio, diciamocelo, è sempre stata soprattutto uno strumento politico. Lo era per Krushev quando mandò in orbita lo Sputnik e Gagarin, lo era per Kennedy quando finanziò la futura missione Apollo che avrebbe portato Armstrong sulla Luna. Anche se forse proprio dal punto di vista politico le missioni con equipaggio sono state forse più un danno che un guadagno: ogni volta che un incidente ha causato una tragedia nello spazio l'esplorazione dello spazio si è trovata di fronte a blocchi e ridimensionamenti che l'hanno ritardata di anni.
L'idea di Bush di abbandonare prima possibile la cooperazione internazionale per affrontare da soli l'americanissima nuova frontiera, la conquista di Marte, punta in modo evidente a far leva sul patriottismo americano, del quale l'amministrazione repubblicana ha bisogno in un momento in cui gli Stati Uniti si trovano ad agire senza l'approvazione internazionale, come nel caso della guerra contro l'Irak.
Tuttavia, sebbene Armstrong si sia detto subito pronto a sostenere la campagna di Bush per tornare sulla Luna, altri hanno fatto notare come questo cambio di direzione significhi buttare a mare anni di lavoro e milioni di dollari spesi in progetti scientifici di grande rilevanza basati sullo sviluppo della Stazione Spaziale Internazionale. "Abbiamo progetti in attesa o già pianificati nei quali accademici, compagnie e laboratori hanno investito anni e soldi, e la decisione di Bush toglie la terra da sotto i piedi a tutti coloro che hanno avuto fiducia nella Nasa" ha detto John Glenn, decano degli astronauti e senatore democratico.
"Penso che l'esplorazione dello spazio possa essere portata avanti con robot in modo migliore, con costi molto più bassi e risultati molto più importanti" ha detto James Van Allen, l'astronomo che ha dato il nome alle famose "fasce di van Allen" che circondano la Terra.
Le promesse di Bush favoriranno o affosseranno definitivamente l'astronautica americana? Forse né l'una né l'altra cosa. Probabilmente già l'anno prossimo nel suo ufficio siederà qualcun altro, che dovrà occuparsi di come risolvere i problemi del più grave deficit pubblico della storia degli Stati Uniti, di come ritirarsi dall'Irak salvando la faccia e le risorse petrolifere, di come ridurre il budget a un'elefantiaca e del tutto ingiustificata struttura militare, di come salvare un'economia nella quale gli investitori hanno perso fiducia, di come mettere un freno alla disoccupazione. Solo per citare i problemi più importanti. A Marte, il prossimo presidente degli Stati Uniti, avrà davvero poco tempo da dedicare.
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