- Non dovevi farlo.
- Scusa, ma hai visto quello che ha combinato a scuola? - tento di giustificarmi. Mi accorgo che sto balbettando.
- Hai sbagliato - afferma di nuovo Lydia, in un tono che non ammette repliche. Si volta e va nella camera da letto. Non provo neanche a ribattere, a spiegare, a discutere. Sono sfinito, appoggio la valigetta in terra e vado lentamente a preparare un bagno caldo.
Mi sento un po' meglio, avvolto nell'accappatoio morbido, dopo un bagno ristoratore. Apro la porta della camera, piano, sperando che Lydia dorma già. Eccola lì invece, seduta sul letto, vigile, completamente nuda. Osservo senza desiderio quel corpo giovane, snello, sodo, privo di peli.
- Voglio un'altro bambino. - Il tono mi fa gelare. Lascio cadere in terra l'accappatoio e mi infilo sotto le coperte. Deglutisco.
- Lydia, tesoro, non credo sia il momento migliore. Non ho ancora ottenuto la promozione...
- Voglio un bambino, - ripete tranquilla, ancora seduta sul bordo del letto. Tiro la coperta sopra la testa, chiudo gli occhi e prego.
- Non stasera, amore, ti prego.
Mi sveglio nel bel mezzo della notte. Sono voltato sulla schiena, immobilizzato, qualcosa, qualcuno mi impedisce di muovermi. Lydia è sopra, a cavalcioni, e si sta introducendo il pene nella vagina. - No Lydia, no, ti prego - provo a protestare, la bocca ancora impastata dal sonno. Lydia ha i capelli sciolti, sembra una selvaggia, non parla, un ghigno stampato sul viso. Nonostante tutto ho un'erezione. Lei si muove con foga, a scatti. Prima dell'orgasmo noto con angoscia che Marc è nella stanza, appoggiato allo stipite della porta, che guarda compiaciuto tutta la scena.
Se qualcuno mi chiedesse come ho trascorso gli ultimi mesi, non saprei cosa rispondere. Sono andato al lavoro, come sempre. A fine giornata tornavo a casa, spossato da uno strano senso di stanchezza. Simon ha imparato a camminare gattoni, e Lydia lo lascia girare liberamente per casa, nudo, sporco dei suoi stessi escrementi. Si aggira per le stanze come un'animale in cerca della preda. E' completamente glabro, pallido pallido, ha ereditato i geni albini della madre. Ho tentato di mettere in casa una giovane donna di colore per aiutare Lydia. Il giorno successivo mia moglie mi ha accolto sulla porta di casa con Simon in braccio. Sembrava una Madonna albina. Mi guardavano entrambi con quegli occhi che prosciugano la poca forza di volontà che mi rimane.
- L'ho licenziata - ha detto lei, semplicemente.
Ho chiesto spiegazioni, spiegazioni che un marito dovrebbe avere. Lydia si è avvicinata, mi ha messo in braccio il bambino e ha detto: - Faceva piangere Simon. - Il bambino si è subito addormentato, accoccolato sul mio petto. Per un attimo ho pensato che potevamo essere una vera famiglia, e ho dimenticato completamente la baby sitter.
La sera ho messo a letto Simon. Mentre gli rimboccavo le coperte ha iniziato a tossire e non si fermava più. Gli ho tirato su la magliettina e ho iniziato a massaggiargli il torace, niente da fare. Anzi, era diventato cianotico e faticava a respirare. Avevo paura per lui ma, stranamente, anche per me. Lydia è corsa in camera, mi ha strappato Simon dalle mani e ha cominciato a dargli dei colpetti energici sulla schiena. Il bambino ha vomitato un bolo giallastro sul tappeto. Lydia mi ha spinto a forza fuori della cameretta. Ho visto, io ho visto. Mentre mi spingeva ho sbirciato un istante quel liquame e, in mezzo alla bava, sono sicuro di aver visto il dito di una mano. Un dito nero.
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