- Avete sentito parlare di Kurtz? - chiesi.
Quel nome li scosse dall'atarassia. Le loro labbra presero a tremare, i loro occhi a brillare di suggestione.
- Kurtz?
- Il grande Kurtz?
- L'unico, il leggendario Kurtz?
Il loro impeto m'inquietò. Capì che la vicinanza a quella grande passione umana che si stava sfogando era un'occasione, ma anche un pericolo.
- Cosa ne sapete? - chiesi.
- Lui... è il re... il Signore della Salerno Reggio Calabria.
- La possiede, la domina fin nei suoi luoghi più oscuri e infernali...
- ...tipo lo svincolo per Padula Buonabitacolo. - Tutti si segnarono, orripilati.
- Si dice che riesca a superare di notte i terribili cambi di carreggiata di Tarsia... - ripresero.
- ...che sia capace di uscire e rientrare a Palmi anche senza scorta armata...
- ...che sopravviva alla "dieta A3", cioè cibandosi unicamente di caffè espresso e briciole di Pringles al formaggio.
- ...che riesca a entrare in autogrill con bambini al seguito senza uscirne carico di terrificanti gadget tipo il maiale di gomma che grugnisce a comando o la mucca a pile che alza la testa e balla la lambada.
Impossibile, pensai: sono solo sciocche leggende.
Voi sapete che odio, detesto, non sopporto le bugie: non perché sia più sincero degli altri, ma perché mi fanno orrore. C'è nelle bugie un tocco di morte, un sapore di mortalità, che mi deprime e mi nausea, come se addentassi qualcosa di marcio. Tuttavia, quanto più una persona è intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo, perciò finsi credulità.
- Dove posso trovare il signor Kurtz?
- A sud, a sud - risposero in coro.
Ripresi la marcia, e me ne frego di raccontare come feci a superare l'ingorgo, tanto ci penseranno i plotoni di esperti che mi studiano a inventarsi tutte le spiegazioni che servono, magari infarcendole di minchiate sulla sovrastruttura e il simbolismo conradiano che nessuno ha mai capito che cazzo è ma serve per vendere i saggi di critica letteraria.
Sulla salita del Pollino il panorama era stupefacente, illuminante, nobile e soffocante. Accostai e mi domandai se la quiete sul volto dell'immensità che mi sovrastava volesse essere un appello o una minaccia. E mentre ero impegnato a chiedermelo qualcuno ne approfittò per ciularmi le ruote della macchina.
La piazzola d'emergenza era stata ovviamente adibita a cacatoio per animali di compagnia, bambini e passeggeri incontinenti. Sedetti su una montagna di pannolini e preservativi usati e chiamai il numero verde per avereun carro attrezzi. Spiegai dove mi trovavo ed ebbi in risposta circa venticinque minuti di risata isterica. Riattaccai e non ci fu più verso di vedere una cazzo di tacca di campo sul cellulare. Mi colse un senso di stupore e incredulità di fronte a eventi umani e naturali dai risvolti imponderabili.
Rimasi lì fino al tramonto. Ogni tanto un'auto rallentava, sbatteva fuori a calci nel culo un cane o un lavoratore Co.Co.Co. al termine del contratto e ripartiva sfrecciando verso l'orizzonte.
Cadde la notte. I lampioni erano stati tutti presi a sassate e la Luna era chiusa per ferie. Mi sovvenne che nella casualità cieca del destino stavo alfine trovando me stesso. E mi sovvenne anche che in quel buio fottuto avevo già pestato almeno una dozzina di merde.
D'un tratto udii un rumore. Mi voltai. Alla luce fioca di una torcia, vidi avanzare un omone fisicamente a metà strada tra Marlon Brando e Tinky Winky dei Teletubbies.
- Ho sentito che mi cercavi - mormorò.
- Chi sei?
Lui allungò quella specie di paranco flaccido che aveva per braccio in un gesto che pareva includere l'autostrada, la piazzola e i monti, e che pareva indicare, con uno svolazzo disonorante al volto brunito della terra, un appello.
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