- Ma va' a mori' ammazzato! - esclamò Loredana, e ripartì.
All'interno, invece, il "T'al dig in piasintein" pareva un rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale bombardato di fresco. L'atmosfera era ancora più nebbiosa per via delle sigarette nervosamente fumate dalla trentina di uomini che sedevano agli sgangherati tavolini. Tutti, all'ingresso di Loredana, le puntarono addosso gli occhi e non li staccarono più. Quattro o cinque cominciarono a sbavare alla leghista.
Fosco, protettivo, tentò di cingere con un braccio la vita della sua partner, ma la di lei circonferenza era superiore alle sue forze. Rinunciò con un sospiro che si tramutò in un armonico rutto perché di recente soffriva di aerofagia da stress XL.
Mentre si avvicinavano al banco, un piccolo particolare colpì subito il suo occhio vigile: c'era carne Simmenthal da per tutto! Un centinaio di scatoledisseminate sul banco, e carne in gelatina sfusa sui piatti sparsi tra i tavoli. La fiera del bovino inscatolato?
Il barista lo aggredì prima che lui potesse aprire bocca. - Ma et mat a purt’ na dona che deitar? - Il poliglotta che da sempre viveva nel cervello di Moldèr tradusse all'istante: - Ma sei matto a portare una donna qui dentro? - Domanda interessante. Ammesso, ovviamente, che (Lore)Dana si potesse definire una donna...
- Fora dil ball! - ringhiò il barista. Il traduttore cerebrale tacque, ritenendosi superfluo. E quando Fosco mostrò all'uomo il suo tesserino di brigadiere dei carabinieri, l'altro crollò. Svelò la propria identità segreta: era siciliano! - Bedda matri, io gnente saccio - pianse, abbattendosi sulle scatole di Simmenthal più vicine. Gli venne subito un bel bozzo sulla fronte. - Scatulon ad merda! - ululò, tamponandosi la parte ferita con un fazzoletto spalmato di muco. - Caramba al caramba! Gnente feci, minchia!
- Questo si vedrà - ringhiò Moldèr, più feroce di un cane per ciechi assegnato per sbaglio a un sordo. E fu preso da uno dei suoi raptus poetici, rari ma molto pregnanti. - Dimmi adunque, vecchio malvissuto, a che pro tutto codesto sciorinar de lattonier carname?
Loredana gli tirò un calcio negli stinchi. - E parla italiano, polenton dell'ostia!
Fu allora che ebbe inizio il casino. Varie decine di maschi assatanati si lanciarono all'unisono sulla prode ispettrice di polizia, con l'ovvio (o molto malcelato, dipende) desiderio di farsela in gruppo! Ah, le vecchie orge alla piacentina...
Quando riemersero dal pubblico locale, Moldèr e la Pasculli avevano gli abiti a brandelli, però la verginità di Loredana era salva! Avevano lottato con furia disumana e combinato un macello che sarebbe costato loro come minimo tre anni di stipendi, scatti d'anzianità compresi. Ma avevano con sé la preda agognata: il vecchio ubriacone di paese, quello che spiffera sempre tutto.
Fosco abbrancò l'uomo per il bavero e lo scrollò violentemente. Ne ebbe in cambio un vigoroso fiotto di vomito rosé. Per fortuna quel giorno portava il suo completo grigio antracite antimacchia, e risparmiò un fottio di lavanderia!
- Vecio embariagon - sibilò, per quanto l'espressione non contenesse l'ombra di sibilanti, - perché questo assalto alla mia compagna?
- An gh'è pò ad don! - singhiozzò l'uomo. Che tradotto sarebbe: - Non ci sono più donne. - I pisarei...
Loredana gli sputò in un occhio. - Le hanno uccise tutte in questo paese fetentissimo, eh? E odiano la carne in scatola, giusto?
Il vecchio crollò in ginocchio sul duro terreno. Era solo un vecio embariagondi paese travolto da avvenimenti più grandi di lui. - A me am n'in frega gninta. Ho piant’ le ad ciav’ da un pes. Ma i etar... - Fosco tradusse per Loredana, col tocco di cavalleria che gli era tipico: - A me non me ne frega niente. Ho smesso di avere rapporti carnali da un pezzo. Ma gli altri...
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