...
- Uhé! Svegliati, fessacchiotto! Madò, ti hanno avvelenato? Eh? Parla, Moldèr, cazzone! E dai, Piergiorgio! -, gridava istericamente Pasculli alternando madonne a schiaffi sulla faccia ben rasata del biondo carabiniere. Era forse la prima volta che lo chiamava per nome. Il brigadiere Moldèr Fosco Piergiorgio ne approfittò per rinvenire.
- Cosa è stato?
- Madò, stai bene?
- Credo di sì, grassie. Ma che è stato? L'ultima cosa che ricordo è un telefono che suona.
- Stavi ballendo, male, va detto, ma ballavi. Poi ha suonato il telefono, e tu sei casche'.
- Eh, sì, el casquè -, fece Moldèr, ancora rincoglionito.
- Madò, sei caschèto, crollato, inciampato, come che te lo devo dire?
- Ah, svenuto, dev'essere l'alimentazione che non sono abituato. E al telefono?
- Se te lo dico tu non ci credi.
- Prova.
- Era il maniaco. L'assassino. Il deprancreassizzatore. Ha detto che ci teneva d'occhio, e che saremmo presto diventati ingredienti di prima scelta...
- Questa no l'ho capita.
- Manco io. Ma abbiamo rintracciato la telefonata. Pare che 'sto cappro di maniaco chiamava dalla scuola di meditazione a fumetti...
- Ostregheta!
- E questo, fin'e mo' è il tuo unico contributo all'indagine. Mo' alzati, che così fai schifo... -, disse la Pasculli, pensando che invece non era poi malaccio, sdraiato e con la camicia aperta sul davanti..
Firenze, 21 maggio 1996
Ore 19
Via lunga, 5
Scuola di meditazione manga Mazinga Zen.
Una macchina senza scritte, senza sirena e senza condizionatore portò i due agenti del Nucleo XL davanti alla scuola di meditazione sottostante il luogo della strage. L'aria di maggio era calda, afosa e ricca di ozono. I due agenti si scambiarono un'occhiata e si prepararono alla scena d'azione. Secondo le loro informazioni dentro la scuola ci sarebbero state sei o sette persone: tante, in proporzione alle forze del Nucleo XL.
- Due contro sette -, bisbigliò Moldèr tra i denti
- Che te ne fotte -, rispose Pasculli, aggiungendo - non stiamo a sindacalizzare.
In un luogo riparato indossarono i giubbotti antiproiettile e le armi d'ordinanza, le maschere antigas e quindi sincronizzarono gli orologi, alle ore 19 e 04. Un soffio di vento passò per via Lunga, infilandosi nel finestrino e facendo oscillare sinistramente l'Arbre Magique in dotazione ai due agenti.
Stavano per scattare, ma un rumore improvviso li inchiodò ai loro posti: era un motorino, guidato da un ragazzo con capelli lunghi, jeans corti e aria svagata. Per darsi un contegno, Moldèr si mise a contare le tasche del giubbotto antiproiettile; Pasculli giocherellava con la pistola contro il becco della maschera antigas. L'allievo Schiavi Andrea li squadrò per un attimo. Poi, scuotendo la testa, andò a suonare il campanello.
- Madòooo -, esalò cadaverica la Pasculli.
- E adesso, che se fa, ostia?
- Ci tocca. Lui apre, e noi ci lanciamo addosso e dentro.
...
Il sensei Ataru Totoro andò ad aprire la porta. Al primo giro della chiave, Moldèr strinse in mano la pistola, al secondo Pasculli strinse le chiappe. Quindi la porta si aprì e un mucchio umano di quattro persone rotolò dentro la scuola.
...
- Okei, okei, fermi tutti, sà? Muovervi non vi conviene -, disse il brigadiere Moldèr puntando l'arma di servizio contro un gruppetto di sei adolescenti in tute sgargianti, uno in jeans corti e un orientale un po' meno adolescente in kimono bianco.
- Ah, sì, statevi buoni, se non volete sentire il rumore che fanno queste pistole -, aggiunse Pasculli mentre con un occhio controllava la porta d'ingresso e con l'altro teneva d'occhio l'orientale nella zona che stava fra il pizzetto bianco e la pelata canuta.
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