- Un Maestro è molte cose.
- Ancora non mi risponde.
- Nemmeno lei. Che cosa ha trovato qui, Cecilia?
Vide soltanto il lampo dei suoi occhi gialli, quando girò il capo a guardarlo.
- Non le ho dato il permesso di chiamarmi per nome!
- Non mi serve alcun permesso. Sono un Maestro. E voglio sapere che cosa ha trovato qui.
- Qualche coccio. Dei vasi. Li ha visti: reperti di una civiltà antichissima. Lo sa che forse sono stati loro a colonizzare la Terra? Forse erano gli Dei delle leggende che i popoli primitivi ci hanno tramandato...
- Tutto qui?
- Non le sembra sufficiente?
- No.
- Far rivivere il passato può essere un piacere.
La parola piacere tremò sulle sue labbra un po' più a lungo del dovuto e le restò addosso; per la prima volta la donna manifestò visibilmente il fastidio, tanto che il veicolo ebbe un lievissimo sbandamento.
- Ha detto far rivivere? Perché non scoprire? O studiare?
- E' soltanto un modo di dire... Lo sa che erano umani, sotto tutti i punti di vista? Abbiamo trovato degli affreschi. Anzi, la maggior parte dei reperti sono affreschi.
- Quando ha scoperto il posto?
- E' stato Samuel a scoprirlo. Quattro anni fa.
- Perché non ha segnalato la scoperta?
- Non lo so.
- Non è vero. Lei era il vicecomandante e ha aiutato Horny fin dall'inizio. C'è sempre qualcosa che non mi dice, Cecilia.
- Se è questo che vuol credere...
I sigilli apposti nel 2186 per bloccare l'accesso al pozzo erano stati fusi a regola d'arte e il portale, con le doppie blindature a tenuta stagna, era appena accostato. Filtrava una debole luminescenza lattea.
La donna entrò per prima. Avevano dotato il posto d'illuminazione con un impianto d'emergenza, alimentato da un generatore mobile di vecchio tipo, che sprigionò al comando della donna luce sufficiente a trasformare in giorno la luminescenza che aveva visto filtrare. Il posto doveva essere stato all'origine l'inizio di una galleria. Si vedevano ancora i segni delle trivelle a turbina sulla roccia viva. Il terreno era coperto di detriti: era come se il lavoro fosse stato interrotto il giorno prima, all'improvviso. Dopo i primi dieci metri la roccia viva diventava levigata e si copriva di affreschi: si vedevano ancora i punti dove le trivelle li avevano aggrediti, prima di immobilizzarsi.
Negli altri venti metri di galleria tutto, dal pavimento alle volte, era coperto di affreschi. Intatti. Sul fondo della galleria c'era un pozzo, senza alcun bordo di protezione e senza alcun ornamento. Un semplice occhio oscuro, in contrasto con i colori incredibilmente, stupendamente brillanti degli affreschi, che avvolgevano l'armonia delle figure danzanti, quasi avessero il potere di fissare per l'eternità la perfetta musicalità del tempo.
L'onda d'urto lo afferrò con la figura più vicina dell'affresco. Era una fanciulla e stava danzando. Aveva occhi oscuri come l'occhio del pozzo, e le macchie d'oro chiaro che all'improvviso baluginavano potevano essere i campanelli ai suoi polsi ...
All'improvviso c'era musica. Poi gli arrivò l'aria fredda, profumata... Muschio, terra umida, erbe mature.
E poi alzò gli occhi e vide le stelle. Le stelle erano grandi e luminose nel cielo pulito.
La notte era piena di vento, ma le braccia attorno al suo collo avevano il calore della carne viva e tenera, e sapevano di voglia di vivere. La fanciulla ballava e tutto l'universo ballava con il movimento dei suoi fianchi. La vedeva sottile contro la luce mutevole dei fuochi; la sua danza parlava una lingua antica, che gli sembrò di comprendere nel momento stesso in cui la fanciulla lo toccò. Il corpo caldo si distese sul suo nell'erba alta e odorosa. La gioia di vivere lo prese, intima, profonda, completa. E la sua capacità di pensare, valutare, scegliere diventò un'ombra lieve alle sue spalle.
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