A partire dalla fine del XVII secolo, con l'affermarsi del telescopio ottico come strumento scientifico di osservazione astronomica, capace di rivelare un'immensa quantità di stelle invisibili ad occhio nudo, si potrà assistere a una rinascita di interesse per la tematica della vita nell'universo. Ne saranno prova la rapida diffusione di opere a favore della pluralità dei mondi abitati. Così l'opera di Bernard le Bovier de Fontenelle (1657-1757), Entretiens sur la pluralité des mondes (1686), che conoscerà dozzine di edizioni e traduzioni in nove lingue, e quella postuma di Christian Huygens (1629-1695), Kosmotheoros, sive de terris coelestibus earumque ornatu conjecturae (1698), anch'essa subito tradotta in cinque lingue.
Col passare del tempo, saranno soprattutto gli astronomi, maggiormente a contatto con il progressivo allargamento di orizzonti recato dall'osservazione del cosmo, a pubblicare opere concernenti la possibilità di forme di vita al di fuori dei confini della terra. Prima William Herschel (1738-1822), noto per avere avviato i primi studi sistematici sulla distribuzione spaziale delle stelle e sulla forma della via Lattea, poi Richard Proctor (Other Worlds Than Ours. The Plurality of Worlds studied under the Light of Recent Scientific Researches, New York 1871) e soprattutto Camille Flammarion (La pluralité des mondes habités, Paris 1862), contribuirono a tenere aperto il dibattito anche in ambiente scientifico per tutto il XIX secolo. L'opera di quest'ultimo conobbe una diffusione straordinaria: con oltre 30 edizioni in meno di vent'anni, fu ristampata poi ininterrottamente fino al 1921. Sarà ancora un astronomo, l'italiano Giovanni Schiaparelli (1835-1910), a suscitare l'interesse sulla possibilità di vita intelligente sul pianeta Marte dopo le sue famose osservazioni dei "canali" (1877), strutture regolari sulla superficie del pianeta sulle quali già Padre Angelo Secchi (1818-1878), astronomo gesuita, aveva attirato l'attenzione. All'opera di Schiaparelli, recentemente rieditata con il titolo La vita sul pianeta Marte. Tre scritti su Marte e i marziani (Milano, 1998), si affiancarono quelle analoghe di Proctor e di Flammarion, dando origine a un fenomeno culturale e di costume che terminò identificando con il termine "marziani" gli abitatori generici di altri mondi. All'interno del dibattito a cavallo fra il XIX e il XX secolo, va ricordata anche la posizione di un non astronomo, Alfred R. Wallace (1823-1913). Naturalista ed originale propugnatore insieme a Darwin della teoria dell'evoluzione per selezione naturale, Wallace preparò una vigorosa difesa di un universo antropocentrico nella sua opera Man's Place in the Universe. A Study of the Results of Scientific Research in Relation to the Unity or Plurality of Worlds (1903). Anche questo saggio, per le sue caratteristiche di contraltare alla posizione pluralista e per l'ambiente scientifico dal quale proveniva, conobbe una grande diffusione, fornendo un certo numero di argomenti ai difensori dell'unicità della vita umana nel cosmo.
In epoca contemporanea, i progressi della radioastronomia e l'avvio dell'astronautica, unitamente all'immagine fisica di un universo di insospettate dimensioni spazio-temporali, hanno contribuito a offrire una visione del posto dell'uomo nel cosmo che spinge con naturalezza verso l'interrogativo sulla possibilità di vita intelligente extraterrestre. Anche in questo caso, opere divulgative di alcuni scienziati hanno esercitato una grandissima influenza, come avvenuto per i testi di H. Shapley, Of Stars and Men (Boston, 1958) e di Shklovskii e Sagan, Intelligent Life in the Universe (San Francisco, 1966); ma l'interesse generale per la tematica E' stato sostenuto soprattutto da altri fenomeni, come la letteratura di fantascienza e il cinema.
In campo specificamente scientifico, l'entusiasmo del XIX secolo su un possibile incontro "ravvicinato" con abitanti del sistema solare E' stato sostituito dalla metodica ricerca di forme di vita elementari o di materiale pre-biotico in ambienti a noi prossimi (sistema solare) e dall'avvio di programmi a lunga scadenza nel campo dell'ascolto radioastronomico per gli ambienti più remoti. Allo stesso tempo, non si E' persa l'opportunità di inviare alcuni "messaggi in bottiglia": una placca con riproduzione di una coppia umana ed alcuni dati scientifici in codice collocata sulle sonde automatiche Pioneer 10 e 11 (lanciate nel 1971), le prime ad avventurarsi oltre il sistema solare; immagini e suoni digitalizzati del pianeta terra sugli analoghi Voyager (1977); una trasmissione via radio in codice binario inviata dal radiotelescopio di Arecibo (1974) verso un ammasso globulare galattico.
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