Un'opera indubbiamente originale nelle trovate, fuori degli schemi canonici correnti. E' riapparsa, tradotta ex novo, nelle collane della Perseo Libri.
E' il caso di rammentare, sia pur brevemente, che nel celebre racconto Il mistero delle Forme (Les Xipéhuz, 1887; su Nova Sf n. 2, Perseo, 1985), J.H. Rosny aîné, un contemporaneo di Verne non adeguatamente valutato in Italia (ma si vedano gli studi di Massimo Del Pizzo), aveva descritto in pieno Ottocento una enigmatica specie giunta dagli spazi, dalla struttura interna "composta di cristalli giallastri disposti irregolarmente, e striati di blu". Gli Xipéhuz scesero su una Terra preistorica, "mille anni prima del fremito di civiltà da cui ebbero vita Ninive, Babilonia, Ectabana", e la loro descrizione avviene tramite la cronaca di un essere umano primitivo:
In lontananza, nella fresca trasparenza del mattino, scorreva la dolce sorgente; sulle sue rive, raccolta, la fantastica turba delle Forme risplendeva. Il loro colore era cambiato. I Coni erano più compatti, il loro turchese tendeva al verde, i Cilindri si velavano di viola e gli Strati ricordavano il rame vergine. Ma su ciascuna Forma spiccava la Stella, che appuntava i suoi raggi, abbacinanti nella luce del giorno. Una metamorfosi si estendeva alle fantasmagoriche Entità: certi Coni tendevano a svilupparsi in Cilindri, altri Cilindri si dispiegavano, e alcuni Strati si curvavano parzialmente. (...)Gli Xipéhuz sono evidentemente dei viventi. Ogni loro movimento rivela la loro volontà, il capriccio, l'associazione, l'indipendenza. Quantunque il loro modo di muoversi non possa essere espresso con paragoni (è un semplice scivolamento sul terreno), è facile accorgersi che essi si dirigono a loro volontà...
Gli Xipéhuz entreranno in radicale conflitto con un gruppo di umani i quali - nonostante il loro elementare armamento bellico - riusciranno ugualmente a non smentirsi, cioè a rivelarsi distruttori:
Ora che gli Xipéhuz non sono più, l'anima li rimpiange, e io chiedo all'Unico quale fatalità ha voluto che lo splendore della vita fosse insozzato dalle tenebre dello sterminio.
Per J.H. Rosny aîné, contemporaneo di Verne non adeguatamente considerato in Italia, si vedano gli studi di Massimo Del Pizzo, che esaminano anche l'opera di Robida, Leroux e altri. Del Pizzo ha inoltre analizzato Jules Verne secondo un'ottica inconsueta (Viaggi e passaggi, Solfanelli 1995).
In Profilo di Theodore Sturgeon, postfazione al romanzo Cristalli sognanti (Libra, 1973; Dreaming Jewels, 1950), Ugo Malaguti scriveva:
Sturgeon ha saputo proporre genialmente una domanda che spesso la fantascienza si è rivolta, ma mai con tanta efficacia e genialità: è possibile che tra noi esistano alieni? La risposta sturgeoniana è al contempo la più complessa, la più facile e la più strana. L'idea di una specie coesistente con la nostra, ma a noi "invisibile" unicamente perché opera su un piano diverso, non competitivo, è forse la più azzeccata e credibile visione che uno scrittore abbia saputo offrire degli alieni: non esiste alcun punto di contato tra essi e noi, a parte i loro "sogni". Si tratta di una creazione splendida, di un valore simbolico enorme; e non a caso nessun autore ha proseguito su questa linea, benché essa schiuda orizzonti di indagine molteplici e affascinanti.
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