Infatti, all'alba, un bollettino dietro l'altro, divenne chiaro che i contagiati sembravano dirigere la proliferazione tumorale; incarnavano le loro ossessioni, e ciò che avevano di represso nella psiche dava forma alla carne. Pensai che no, non poteva essere, che era troppo assurdo, tanto assurdo da far ridere. Forse all'inizio fu questo a salvarmi. - Solo i bambini e i pazzi sono immuni al contagio. Gli altri, noi tutti... - continuava a ripete la televisione, ve lo ricordate?

Poi vidi i tentacoli che si dipartivano dal ventre di Nadia legarsi in un intreccio che pendeva mollemente da una parte; a esaminarlo con attenzione, sembrava che le due piccole alette laterali fossero un abbozzo di ovaie: un nuovo apparato genitale... ecco la sua ossessione. Così come c'erano le treccine di carne di Fabio e, con essi, i tatuaggi tumorali che ormai avevano nascosto i brufoli. In più dalla coscia del ragazzo si estroflesse una propaggine umida di sudore, che presto rivelò una fenditura centrale lunga circa dieci centimetri, dalle cui labbra fuoriuscivano due membrane carnose. Più tardi, mentre vegliavo sulla sua semi incoscienza piena di lamenti, lo vidi afferrare quella propaggine e, col pene eretto, trafiggerla con un sospiro profondo. Si voltò su un fianco e prese a muoversi in fretta, come un cane.

Mentre Fabio non smetteva di copulare con la vagina cresciutagli dalla gamba, il pseudo-utero di Nadia si gonfiò ulteriormente e dischiuse un poco, macchiando le lenzuola d'una sottile bava di sangue. Atterrito, rimasi ai piedi del letto a guardare la trasformazione di mia moglie. Avvertii l'odore della carne (un odore di macelleria); vidi il luccichio delle mucose rivoltate, delle membrane bagnate, piccole gocce di liquido che scintillavano come caramelle succhiate; udii i rumori, quasi che le sue ossa stessero scoppiando e sbriciolandosi sotto la pelle mentre le fattezze cambiavano un po' per volta. Dopo un paio d'ore di quel tramestio, qualcosa rotolò sul pavimento con un tonfo bagnato. La raccolsi e tra le mani tenni la parodia di un neonato, una bambolina di carne umana malamente plasmata. Quando lo lasciai cadere, scoppiò come un frutto marcio.

Iniziai a fare avanti e indietro per il corridoio, dalla stanza di Nadia a quella di Fabio: mio figlio s'era fuso con la carne della coscia, e i suoi movimenti erano diventati ancor più rapidi, simili a spasmi. Mi fermai a metà del corridoio, mi sedetti sul pavimento e cominciai a piangere. Non ricordo di aver mai pianto in quel modo altre volte: fu come se parlassi, urlassi, bestemmiassi, e tutto questo si trasformasse solo in lacrime.

Quando ebbi l'impressione che i gemiti di Fabio e quelli di Nadia stessero seguendo il ritmo dei miei singhiozzi, non riuscii a resistere oltre e lasciai l'appartamento.

Erano bastate poche ore appena per fare a pezzi il mondo che conoscevo.

Fuori venni investito dal tanfo della carne bruciata. Qualcuno aveva o stava cremando cataste di corpi; in alcuni punti il fuoco si era persino propagato ai palazzi. Ogni movimento mi parve rallentato: quello delle rare persone ancora normali, con fazzoletti legati davanti al viso, e ancor più quello dei contaminati che riuscivano a muoversi: uomini con vagine aperte sulla testa e mezzo cervello di fuori; altri scheletrici, divorati dall'abbozzo di persone care plasmato con le loro stesse carni. Vidi una vecchia che trascinava un pseudo-cane fuoriuscitogli dal braccio e un altro che ciondolava appresso al proprio immenso pene sgocciolante.