Il serpente striscia lentamente via, con calma. Guardo Sandra; il suo volto blu e il collo piegato a novanta gradi. E' impossibile che sia viva o possa tornare a vivere. Mi ha preso in giro.

Quando la sua bocca esplode in un rantolo salto sul mio sedile, togliendomi definitivamente il pezzo di metallo piantato nel torace.

- Sandra - grido.

Lei emana un sibilo senza aprire gli occhi, è come se avesse urlato un cadavere. Il volto è ancora blu.

- SANDRA!

Un altro rumore di fiato che esce, un rumore indescrivibile; aria che passa attraverso passaggi assurdi fatti di carne sciacciata. E' viva, lei è viva.

Rumore di sirene in lontananza. Lacrime cominciano a sorgermi dagli occhi senza che me ne accorga. Il suo rantolo diventa regolare.

Sandra.

Vociare appena fuori della macchina, vedo i riflessi delle luci sull'asfalto.

- E' VIVA! - grido.

Quando appaiono i piedi dei medici lo ripeto.

- E' viva.

Una testa fa capolino nell'abitacolo.

- Questa ha il collo rotto - dice. - Dobbiamo bloccarglielo.

E' viva, respira, Sandra non è morta.

- Dobbiamo aprire le lamiere, fermarle il collo. Il minimo movimento potrebbe ucciderla. Il ragazzo ha una brutta ferita al torace.

Sandra è viva, posso ancora pensare di vivere.

- E' viva! Capite?

- Dategli un calmante.

Dolore, un ago nel braccio. Cosa mi fanno? Cosa cazzo credono di potermi ancora fare? Sono solo formiche che camminano sul soffitto...

L'oscurità si dirada e mi svela una superficie bianca a un metro e mezzo sopra di me. E' così uniforme che non sembra appartenere a questo mondo. Forse sono in paradiso. Forse ho salvato la ragazza e sono andato in paradiso. Poi altri sensi del mio corpo cominciano lentamente a svegliarsi. Sento l'odore, l'inconfondibile odore delle stanze dove la gente sta male. L'alcool e il detersivo da pavimenti, il sudore e la plastica dei guanti usa e getta.

Respiri affannosi di due, forse tre individui vicino a me.

E il bianco... altro non è che un soffitto.

- Oh dio, dio, si è svegliato.

Cazzo no, non mia madre, non adesso.

- Oh amore. - Appoggia la sua testa sul mio torace e sussulto, mi schiaccia i polmoni senza rendersene conto. Stronza.

- Sandra?

- Non ci pensare adesso, devi guarire.

- Sandra.

- E' viva, non ti preoccupare.

E' viva. La voce non ha mentito, non me la sono sognata. L'ho vista morta, e adesso è viva. Non ho molto tempo.

- Come sto, io?

- Hai dormito tre giorni.

Sono fuori dall'ospedale, da solo. Nessuno davanti a me, nessuno alle mie spalle. La gente mi scorre davanti dall'altra parte della strada, nessuno intercetta il mio sguardo. Solo la stampella mi aiuta a reggermi in piedi. La portiera mi ha reciso alcuni muscoli delle gambe.

Recupererò, ma occorre del tempo. Né mia madre né mio padre sono più venuti a trovarmi in ospedale. Non c'è perdono per quello che ho fatto.

Non me l'aspettavo neppure. Il figlio nelle loro teste è sempre e solo stato un giocattolo, bello finché nuovo come lo è un cane finché cucciolo; poi viene abbandonato.

So cosa devo fare, lo so.

Ricordo la voce.

Aveva ragione, non avrei dubitato.

Comincio i miei primi timidi passi nel mondo esterno, mondo dal quale anche stavolta prenderò ciò di cui ho bisogno.

Tanto vale farlo subito, tanto vale non pensarci neppure, non aspettare di controllare se quella voce mentiva o meno. In effetti sembra tutto così assurdo...

Mi dirigo verso il parco con il mio passo incerto. Nessuno temerà un malato, un infermo. La gente ha paura di volti pallidi e scavati, di razze straniere, non di feriti dell'ospedale.