D'Ippolito tira fuori della tasca il taccuino, si lecca il pollice e comincia a sfogliarlo. Poi legge: - Nunc adeamus bibliothecam, non illam quidem multis instructam libris, sed exquisitis.

- Erasmo, giusto? Eh, Giovannino, Giovannino, non ti sembra un po' tardi per darti alla cultura classica?

- No, signorina Efisia, è soltanto una frase che mi ha costretto a riflettere, e allora ...

- E allora hai pensato che piuttosto che consumarti le meningi sulle scartoffie, sarebbe stato più proficuo ricorrere alla proverbiale memoria della vecchia Efisia. - Sollevandosi un po' dalla poltrona con l'aiuto del bastone sottile, spinge sul tavolinetto il vassoio dei biscotti e lo avvicina al commissario. - Prendine, Giovannino, non fare complimenti. Sono buoni, sai? Li faccio ancora con le mie mani, come una volta.

Il poliziotto vince il senso di colpa e ne accetta uno a ciambella. Ma tiene lo sguardo dritto per evitare che gli occhi si posino sulla curva della cravatta che asseconda la rotondità del ventre.

- Ernetti, eh? - riprende l'anziana maestra. - Padre Pellegrino Ernetti? Quello del cronovisore?

- Proprio lui. Ricorda qualcosa della sua vicenda?

- Ernetti, Ernetti... Uh, la mia povera, vecchia testolina. Vediamo... Padre Pellegrino Alfredo Maria Ernetti, monaco benedettino, conosciuto esorcista, musicologo di fama e, soprattutto, scienziato. Vissuto a Venezia, nel convento dell'isola di San Giorgio Maggiore, dove è morto una decina d'anni fa.

- Alla faccia della sua povera testolina, signorina Efisia! - esclama il commissario a bocca piena.

La vecchia maestra tamburella con le dita sul pomo argentato del bastone. - Zitto, Giovannino, ché perdo il filo. Dunque, il cronovisore. Sì, ecco cosa, la macchina in grado di riprodurre gli eventi del passato. Era questa la scoperta attribuita a padre Ernetti e agli altri scienziati che collaborarono agli esperimenti.

- Altri scienziati?

- Ah, sì. Ma mica gentuccia. Nel gruppo c'era Fermi, hai presente? Poi Padre Gemelli, sai? Quello che ha fondato l'Università Cattolica a Milano. Un certo von Braun, un Nobel giapponese... Una dozzina in tutto. Sembra che gli studi fossero iniziati negli anni cinquanta, ma la questione venne fuori intorno ai settanta e se n'è riparlato di recente.

- Che sa della macchina?

- Il cronovisore? Be', più o meno quello che dissero i giornali. E cioè che, operando su qualsiasi agglomerato inerte che sia stato impressionato da immagini o da suoni, sarebbe stato in grado di riprodurre le immagini e i suoni che hanno lasciato tracce nell'impatto con la materia. E sì, una cosa complicata, che tira in ballo teoria neutrinica, concetti di campo, di spazio e altre questioni fisiche piuttosto impegnative.

Il commissario D'Ippolito si concede un secondo biscotto. - La prego, signorina Pinna, mi risparmi spiegazioni troppo tecniche.

- Eh, Giovannino, sei sempre stato un po' lento, tu. Proverò a chiarire l'idea di Ernetti con parole semplici. Ogni essere umano lascia dietro di se' una doppia scia, una sonora e una visiva. Esse sono uniche, diverse per ognuno. Ora la fisica ci insegna che le onde sonore e visive, una volta emesse, non si distruggono ma si trasformano e restano presenti, quindi possono essere ricostruite, come ogni energia.

- In quanto anche il suono e la luce sono energia, giusto?

- Bravo. La luce può trasformarsi in suono e viceversa. Dal suono disgregato si può tornare al suono originario, così come dalla materia disgregata si può ricostruire la sua forma originaria. E qui entra in gioco il cronovisore di padre Ernetti, una macchina, a sentir lui, capace di riaggregare suoni e immagini del passato in forma di ologramma.