- No, diaolo, io non zo dofe è tuo occhio! Ah ah ah.
- Non è mio occhio.
- Ah, non è tuo okkio? E allora parché lo cerchi? Senti, senti un'altra magia, senti che bèla: Toni Bòni el va al mercà, co 'na feta de salà, con 'na feta de polenta, Toni Bòni si...? - lo stregone spalancò l'occhio bianco, rimanendo ad attendere la risposta del tauvöl. Lo indicò, esortandolo con la mano.
Di nuovo, il tauvöl non aveva inteso le sue parole.
- Dai!
Il soldato elfo lo guardava immobile, analizzando nella testa cos'avesse detto.
- Accontenta! - Zuan rise, forte. - Toni Bòni si accontenta!
Rädala rimase in silenzio qualche istante. - Tu sai chi ha preso l'occhio. - disse.
Zuan allargò le braccia. - Ancora?
- Devi dirmi chi ce l'ha.
Lo stregone smise di sorridere. Si strinse nelle spalle. - Senti. Mi no so gnente di questo occhio... Davero.
Lo stregone guardò a sinistra. Rädala capì che stava cercando una via di fuga. Sospirò. Scomparve, e lo stregone mosse rapidamente l'occhio sinistro per cercarlo. L'istante successivo, Rädala era davanti a lui. Zuan alzò le sopracciglia.
Il tauvöl lo afferrò per la giacca e lo sollevò in alto, e lo stregone mandò un verso strozzato. - Dove è. - disse Rädala.
- Ahegggl! N-non lo so, giuro! - rispose Zuan con un filo di voce, e guardò stupito verso il basso. Per chi fosse giunto in quel momento, l'immagine era quella di un uomo sollevato in aria da qualcosa di invisibile, e che agitava le gambe.
- Camilgiàr dice che l'hai preso tu, l'occhio del corvo. La mia gente lo sta cercando da quattrocento anni. Ci serve per compiere dei prodigi. Non vogliamo i franzosi, qui.
- Mi? Mi no' ghe l'ho, el siòr dei elfi el se sbaia! Cossa c'entro mi, con la vostra guerra? Non faccio più il soldato da anni, vivo quassù, in pace, sensa fare del male a nessuno!
- I franzosi stanno rubando tutto, in pianura. Fra poco verranno anche qui, sulle montagne. E gli elfi non li vogliono, nei loro territori.
- Loro teritori? Teritori de Venexia, casomai...
- La Repubblica è morta, il Doge ha firmato la resa!
- El Doge l'ha firmà la resa? Quando?
Rädala arricciò il labbro superiore, snudando i denti.
Zuan si passò la lingua sulle labbra. - Va bén, senti... Eh eh eh! Schersavo. Senti. Cossa si può fare, oramai? I franzosi sono dieci, cento volte mille, capisci? Dobbiamo tenerceli...
- Gli elfi non li vogliono, qui.
- Va bén! Auguri! Ma mi cossa c'entro?
Lo stregone si parò la testa con le braccia quando vide che il diavolo alzava l'altra mano, nella quale stringeva una rosa.
- L'ocio del corvo ce l'ha la strega Lùssia! - gridò.
Rädala rimase con il braccio sollevato.
- Abita n-nel bosco! Vicino le sorgenti di Saigan. So che... - Zuan scosse la testa, deglutì - La pietra, adesso, ce l'ha lei. Gliel'ho venduta par zinquanta troni. - Zuan esitò, poi singhiozzò. - Te giuro che l'è la verità!
Rädala lo lasciò. L'uomo cadde con un gemito, e si ranicchiò sull'erba, massaggiandosi il collo. - Non dirle che son stà mi, a far la spia... - piagnucolò. - Non dire alla Lùssia che... - Alzò la testa, guardandosi intorno. Il diaolo che parlava con l'accento todesco non c'era più. - Maledeto. - mormorò, passandosi le mani sul viso. - Bruza all'Inferno. - lo cercò ancora in giro: era proprio andato via - ... Bruto can da l'austria.
Fece per rimettersi in piedi ma, con orrore, vide che sul suo braccio stava strisciando qualcosa. Lo stelo spinato di una rosa si arrampicò anche sull'altro braccio, e lo strinse come una corda. Sulla gamba sinistra. La destra.
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