- E allora? Mi devo commuovere? Il cesso era sempre libero, almeno.
Alza la testa di scatto e comincia a ridere. Ride a singhiozzo, a scatti e rido anch'io, facendo bene attenzione a non guardare verso lo schermo. Adesso il rumore del vento si sente: un fischio paziente, tanto lungo da sembrare impossibile. La geonave deve averlo di coda perché ogni tanto sembra balzare avanti, più leggera. La luce in cabina si è ridotta fin quasi a scomparire. Ubbidendo a un impulso improvviso mi giro e guardo, mentre Imit continua a ridacchiare con la fronte appoggiata alla mia passera. Il cielo è attraversato da nubi allungate e tondeggianti. Di fianco a noi arranca la geonave gemella, Martello. Il vento solleva onde di polvere che spazzano le torri e il ponte della nave come in una tempesta marina.
Non ho idea da dove possano venire, ma in ogni posto ce ne sono. Sassi. Hanno cominciato a pestare sulla corazza della geonave e continuano. Se fossi un insegnante proverei a spiegare che cosa succede a Imit che si è incagliato tra le mie gambe aperte, esanime. Gli direi: vedi? qui devono esserci dei salti di temperatura di un centinaio di gradi nel giro di poche ore. Così le rocce di Demait si spaccano come pezzi di ghiaccio. Il vento le sposta, le alza, le sbatacchia le une contro le altre. Le liscia, le consuma, le arrotonda. Come pietre del deserto, perfette per una lapidazione. La lapidazione di una moglie traditrice e mentitrice come prescrive la legge da qualche parte sui Mondi Credenti.
Ora a essere lapidati siamo noi, i resti della Gloriosa Armata del Conciliatore, gli adepti del Casuale. Cinque geonavi come castelli semoventi che strisciano sul profilo di Demait. Rovescio il polso sinistro, un gesto che facevo spesso i primi tempi. Le luci, una azzurra e l'altra bianca, si accendono e si spengono seguendo i loro ritmi dissonanti. Chi ha detto che il Causale è guasto? Imit, ma forse raccontava una balla, per prendermi in giro. Intanto, però, niente Indirizzi.
- Togliti di lì.
Fa no con la testa e non si muove. Fuori le pietre continuano a schiantarsi sulla corazza. Il rumore arriva attutito, sembra pioggia o grandine. Chi si trovava nelle gabbie oltre la prima corazza dev'essersi trovato a respirare anidride carbonica a settanta gradi sottozero. Fortunatamente io e Imit abbiamo incontrato un balusa di Bia e possiamo starcene qui, ad aspettare.
Abbiamo spento lo schermo-finestra e ci siamo messi uno accanto all'altro sulla branda. La nave ogni tanto ha un sussulto, oscilla, vibra e procede molto lentamente. Una strana sensazione, come stare in un palazzo durante il terremoto. Le uniche luci in cabina sono le piccole spie di posizione della porta. Fa freddo e l'aria è secca e sa di polvere. L'energia serve per l'albero motore, per le sospensioni e gli stabilizzatori.
- Cosa significa "miraggio materiale"?
- Che tu pensi talmente a una cosa da renderla vera, come da bambino, quando desideri fortissimo.
- Una cazzata, Imit. E poi magari tu avevi voglia di vedere il tuo M-padre, ma a me delle baluse non m'importa nulla. Me le ero dimenticate.
- Non si dimentica nulla per davvero. Impossibile dimenticare apposta.
E chi ha detto che voglio dimenticare apposta? E poi comunque non è vero che avevo dimenticato le baluse. Imit al buio è soltanto una voce, posso immaginarlo più anziano, più maturo. Uno dei compagni delle Sorelle della Dimora, rimorchiato in una sera di pioggia e penetrato nei letti e nei pensieri. La voce di Imit rimane a lungo nell'aria, più profonda e scura.
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