Improvvisamente il mondo di Misha divenne verde. Cercò di catturare aria, ma riuscì soltanto a inghiottire del liquido amaro. Scoprì che il tubo che prima spuntava dalla bocca di Yevgeny era automatico; apparvero delle pinze che gli allargarono la bocca per permetterne l'ingresso. Strinse gli occhi con tutta la forza che aveva, sperando di esorcizzare la sofferenza che sapeva sarebbe arrivata. Percepì il tubo farsi strada, i denti rompersi, i polmoni protestare. Una morsa ferrea gli bloccò il capo e delle piccole seghe iniziarono il loro lavoro. Stranamente, non sentì dolore.

Ebbe la forza di riaprire gli occhi e vide Nata_a, in ginocchio, dall'altra parte del vetro

sono io dentro

la bocca distorta in un urlo.

Le ventose baciarono la sua pelle, lasciando affluire le sostanze che lo avrebbero trasformato

in qualcos'altro.

La vista gli si appannò, come se davanti ai suoi occhi fosse calato un sipario opaco.

Poi arrivò la prima ondata di dolore, dolcemente.

Era il richiamo della neve a tenerlo sveglio.

Il piantone Reztsov guardò ancora una volta la spessa coltre bianca forare il video di servizio che dava sul piazzale. Proprio al centro dello schermo, l'ufficiale di turno teneva diligentemente aperto lo sportello dell'auto scura mentre il generale, uno dei tanti che in quelle settimane si erano succeduti al capezzale dell'istituto in attesa del ritorno alla normalità, saliva nell'abitacolo accompagnato dalle nuvole candide del suo respiro.

L'ufficiale chiuse lo sportello e attese la partenza dell'auto cercando di mantenere un'aria marziale, ma senza troppa fortuna nel dissimulare la testa bassa, incassata fra le spalle per il freddo.

Reztsov tornò a fissare uno degli schermi dell'impianto interno. Come se non bastasse tutto il resto, qualcuno aveva deciso, dopo i giorni della febbre come li chiamavano loro nelle camerate anche senza aver capito in realtà cosa fosse successo, di inserire telecamere nel sotterraneo per un controllo supplementare a vista, giusto per evitare sorprese. Soprattutto nella 221. Si era un po' preoccupato per le misure di sicurezza attivate in quel periodo, ma poi ci aveva fatto l'abitudine.

La schiena del tecnico della 221 si mosse impercettibilmente. Il braccio dell'uomo di cui non conosceva il nome si alzò e le dita della mano iniziarono un lento massaggio circolare sulla fronte, appena sopra l'arcata sopracciliare. Poveraccio, non lo invidiava davvero.

Sullo sfondo, con una definizione che lo schermo riproduceva in modo perfetto, la vasca verde del soggetto si stagliava come una bara fosforescente, aliena. Reztsov appoggiò i gomiti sul ripiano del tavolo di fronte a lui; all'improvviso sentì un gran bisogno di rilassarsi, giusto per provare a combattere quel mal di testa che da qualche giorno non gli dava tregua, come un chiodo fisso che se ne stava ancorato nel suo cervello giorno e notte. Si massaggiò in modo poco convinto le tempie ricevendone un blando beneficio.

L'acqua della vasca fu mossa da qualche onda ma il tecnico non fece una piega. Il soggetto all'interno sembrò fissarlo attraverso il quadro del monitor; un istante che si focalizzò nella sua mente, simile a un'incisione.

Reztsov pensò che questo, ovviamente, non era possibile.