Comincia a correre, sicuro che non servirà.
Le previsioni meteorologiche non sbagliano più, come un tempo. Nel cielo quasi chiaro non navigano nuvole, solo qualche cirro trascorre altissimo, offrendo ai raggi rosati il ventre delicato.
Non sente più dolore, purché respiri piano e ignori le manette che mordono polsi e caviglie. Solo qualche brivido e un intorpidimento quasi piacevole alle braccia, tanto pesanti che scivolerebbero lungo i fianchi se non fossero incatenate così in alto.
L'alito caldo del mattino gli accarezza le spalle, la schiena, i fianchi; le mani di Heidi frugano ovunque, come le zampe appiccicose di una blatta, scendono lungo le cosce, le ginocchia, le gambe, assaporano il tepore della pelle e il metallo freddo delle catene.
Il sole sta esplorando il grigio del cielo, i venti in quota spingono i cirri al limite opposto dell'orizzonte.
Il cortile della fabbrica dismessa è ingombro di macerie, irto di vetri e spuntoni metallici, la facciata si sgretola, la ruggine rode la piattaforma a cui è legato, penetra ogni giorno più in profondità e affiora ovunque, sui ponteggi e le travature. Macchie nere sulla vernice arancione: la vecchia gru è una giraffa cyborg.
Sono stati di parola. Hanno colpito con metodo, senza lasciare segni, troncandogli il respiro, schiacciandogli i polmoni contro le costole, attenti a non lacerare la pelle, a non coprirla di lividi, hanno giocato con ogni parte del suo corpo, alternando cattiveria e assurda tenerezza. Ma non l'hanno deteriorato. Vogliono offrirlo alla luce.
Che grandiosa cazzata! Peccato sia tutto così di cattivo gusto, così banale. Non l'edificio in rovina, non le feritoie cieche dei magazzini e le grandi finestre dei piani superiori, bocche affamate con vecchi denti di vetro tagliente, non l'erba che cresce testarda sollevando l'asfalto. Sono gli attori la vera delusione: tre coglioni che sbraitano sciocchezze e un Argento imprudente, troppo idiota persino per provare paura.
Fa caldo. E' troppo chiaro per sperare ancora.
Loro non parlano più Aspettano seduti in semicerchio, a rispettosa distanza, cercando conforto in lattine tiepide di birra da poco prezzo. Se potessero tornare indietro, probabilmente lo slegherebbero e lo lascerebbero andare. Ma non possono, non dopo tutto ciò che hanno già fatto e detto e promesso.
Inutile pregarli. E poi, è troppo stanco e nauseato, non ha più fiato da spendere.
L'unica cosa che vorrebbe, l'unica decente che potrebbero fare, sarebbe lasciarlo solo. A vedersela con Lui, lassù, e con loro, qui, dentro di lui, diventati lui eppure sempre estranei. Questo vorrebbe: il tempo di prepararsi, di farsi qualche domanda, di comprendere e accettare che non possiede risposte. Il tempo di assaporare fino in fondo la strana calma che si è impadronita di lui, la sensazione che tutto ciò che ha fatto e non fatto, nei suoi quasi trent'anni di vita, dovesse condurlo inevitabilmente qui, a questa mattina tersa e piena di promesse, sospesa sul nulla.
Invece gli tocca fare ancora spettacolo, ultimo e gratis.
- Allora, quando comincia? - continua a chiedere Heidi, troppo sciocca anche per capire di avere paura.
- Zitta. - La rimbecca Tatuato deluso che non ci sia niente altro da fare che aspettare
Baffonero tace, guarda, gli occhi lucidi di piacere, lui è l'unico che si avvicinerebbe. Dei tre è lui l'anello debole, perché il suo desiderio è il più forte e il meno tortuoso, Se fosse solo con Tatuato, forse riuscirebbe ad ammetterlo, ma non di fronte a lei, che pure è così stupida...
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