Inverno 1984
A partire dal 21 gennaio 1984, un gruppo di ventidue persone, a turno, si occupò di monitorare e registrare i fenomeni luminosi nella vallata. La maggior parte degli strumenti fu installata all'interno di un caravan che fungeva anche da quartier generale, mentre gli osservatori venivano normalmente divisi in tre gruppi. Durante i giorni di osservazioni principali, tra l'11 e il 26 febbraio le stazioni in campo erano a Hersjøen, a Litlfjellet, mentre il caravan si trovava a Aspåskjölen. Durante il periodo ci furono ben 188 osservazioni di luci differenti, per ciascuna delle quali vennero imposti due indici. Uno, da G1 a G10, considerava la qualità dell'osservazione e l'abbondanza di dettagli del fenomeno; l'altro, da F1 a F10, teneva conto della stranezza dell'evento, ovvero della possibilità che si trattasse di un fenomeno naturale, di una luce di origine nota o di una manifestazione luminosa sconosciuta. Se si pensava, ad esempio, che il fenomeno avrebbe potuto essere facilmente imputabile a un aeroplano, a quell'osservazione sarebbe stato assegnato un indice F1, mentre se non c'erano spiegazioni possibili si attribuiva un F10. Operata questa distinzione, delle 188 luci osservate, 53 vennero catalogate all'interno del fenomeno Hessdalen e in quest'ambito vennero analizzati i risultati ottenuti dagli strumenti in campo. In quella prima campagna gli spettri continui non diedero risultati apprezzabili per via di eccessive sovra e sotto esposizioni, e nemmeno i contatori Geiger rivelarono emissioni significative di radiazioni, anche perché probabilmente i fenomeni osservati erano troppo distanti dallo strumento. Venne invece dimostrato che le manifestazioni luminose erano in qualche modo legate ad anomalie magnetiche che, successivamente, rivelarono la loro presenza anche in assenza di luci. Questo fece ipotizzare che la luce emessa dal fenomeno passasse occasionalmente dallo spettro visibile a quello invisibile, infrarosso o ultravioletto che fosse. Altro comportamento interessante si manifestò in due occasioni al puntamento del laser. Nel primo caso il laser venne diretto su una luce che lampeggiava in maniera regolare e si muoveva lentamente da sud a nord. Quando la luce fu investita dal raggio, la frequenza di lampeggiamento raddoppiò e quando il laser venne spento, la frequenza tornò quella di prima. E questo si verificò anche le quattro volte in cui venne ripetuta la prova, a distanza di pochi secondi l'una dall'altra. Lo stesso giorno, ma più tardi, il fenomeno accadde di nuovo su uno stesso tipo di luce che si muoveva questa volta da nord a sud e che, una volta investita dal laser, si comportò allo stesso modo, ma solo quattro volte su cinque. L'ultima volta non lo fece.
Arrivano i nostri
Malgrado non tutti gli strumenti utilizzati fornirono risultati significativi e nessuna misurazione si rivelò determinante per dare una spiegazione fisica al fenomeno, la prima campagna fu importante per almeno un aspetto fondamentale, cioè per determinare scientificamente che il fenomeno era reale (cosa su cui peraltro nessuno nutriva dubbi), ma soprattutto che poteva essere studiato, registrato e, in qualche modo, misurato. In pratica, dai quaranta giorni di osservazioni emerse la conferma che il fenomeno Hessdalen, sebbene di natura ancora sconosciuta, era sintomo di una manifestazione fisica ben precisa che quindi poteva essere studiata scientificamente. E questo, per certi versi, contribuì a produrre due risultati ancor più importanti: innanzitutto a mantenere vivo il Progetto Hessdalen e, in secondo luogo, ad attirare l'attenzione della comunità scientifica internazionale e in particolare dell'Italia. E così si giunge al 1994, quando il Progetto Hessdalen si affacciò alla ribalta internazionale, sempre grazie agli sforzi di Erling Strand, il quale organizzò un seminario nel quale scienziati di tutto il mondo discussero ipotesi e teorie sul fenomeno Hessdalen e proposero nuove strategie di indagine da adottare nell'immediato futuro per studiare il fenomeno. Un primo risultato fu realizzato negli anni a venire dal team dei ricercatori dell'Østfold College che costruì appositamente una serie di nuovi strumenti e nel 1998 installò una stazione di osservazione permanente chiamata HIO, Hessdalen Interactive Observatory. La stazione, collocata sempre ad Aspåskjölen, era dotata di una videocamera automatizzata in grado di essere attivata da fenomeni luminosi superiori a un determinato valore di soglia e registrare immagini di una buona porzione della vallata in maniera continuativa. Il secondo, importantissimo risultato fu l'accendersi dell'interesse per il fenomeno Hessdalen della comunità internazionale e, soprattutto, di un gruppo di scienziati italiani che instaurarono una collaborazione con l'Østfold College per lo studio del comportamento elettromagnetico dei fenomeni di Hessdalen. Così venne costituito il CIPH (Comitato Italiano per Progetto Hessdalen) e, grazie allo sforzo congiunto del dottor Massimo Teodorani, astrofisico del CNR-IRA di Medicina (Bologna), e degli ingegneri e degli ingegneri Stelio Montebugnoli (direttore della Stazione Radioastronomica di Medicina del CNR-IRA) e Jader Monari (CNR-IRA), e di Erling Strand e Bjørn Gitle Hauge, professori assistenti dello Østfold College, nel 1998 decollò il Progetto EMBLA.
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