Una classificazione

Luce pulsante osservata da Aspåskjölen (tipo 1).
Luce pulsante osservata da Aspåskjölen (tipo 1).
Dopo le prime osservazioni, le luci furono catalogate in tre grandi famiglie:

1. Luci di un bianco molto intenso o lampeggianti di blu, che si manifestavano ovunque nel cielo;

2. Luci gialle o giallognole, che apparivano maggiormente più in basso nella valle, vicino ai tetti delle case o addirittura in prossimità del terreno. Queste potevano stare immobili anche per più di un'ora, muoversi lentamente lungo la valle e qualche volta accelerare repentinamente fino ad assumere velocità molto elevate. La maggior parte di esse sembrava prediligere la direzione nord/sud.

3. Numerose luci insieme, con una distanza rigida l'una dalle altre. La maggior parte delle formazioni erano composte da due luci gialle o bianche, con una rossa di fronte. Molti osservatori hanno chiamato questa formazione come "l'oggetto", poiché sembrava una cosa unica, e non tre cose insieme. Queste luci furono osservate muoversi in alto, intorno alla cima delle montagne e, anche in questo caso, la direzione privilegiata del loro movimento, sembrò essere la direttrice nord/sud.

Nasce il Progetto Hessdalen

Inutile dire che quando si ha a che fare con fenomeni di questo tipo, lasciarsi attrarre da ipotesi fantastiche è un attimo. Ma solo un serio studio scientifico avrebbe potuto dirimere la questione. Del resto, la frequenza e la relativa ristrettezza ambientale del verificarsi dei fenomeni autorizzava a condurre un approccio sistematico, e così fu, benché nei primi mesi del 1983 il fenomeno si ridusse fortemente rispetto al periodo precedente, fino a sparire del tutto nell'estate di quello stesso anno. Nonostante la palese eccezionalità di quello che accadeva, nessuna istituzione ufficiale con un supporto governativo sembrò volersi interessare a organizzare uno studio scientifico di questo fenomeno e così Erling Strand, ingegnere elettronico dell'Østfold College di Sarpsborg (Norvegia) e alcuni suoi collaboratori decisero di dare il via a un loro progetto autonomo e il 3 giugno 1983 il Progetto Hessdalen venne varato con l'intenzione di compiere una prima campagna di osservazioni per cercare di comprendere meglio il fenomeno. Se poi, grazie ai primi risultati, sarebbero stati reperiti ulteriori fondi, l'attività sarebbe continuata. Il 19 novembre il Progetto fu presentato agli abitanti del distretto di Hessdalen, ai quali, all'inizio del gennaio 1984 venne inviato anche un semplice modulo da compilare per la registrazione di eventuali osservazioni. Nel frattempo fu anche necessario decidere in quali direzioni condurre le ricerche.

Quali strumenti?

L'oggetto di studio erano delle luci dalla natura sconosciuta, ma pur sempre luci. Pertanto la prima campagna decise di focalizzarsi proprio sulla natura del tipo di luce emessa da quegli oggetti e gli strumenti furono scelti di conseguenza. Gli apparecchi più importanti furono le macchine fotografiche convenzionali, alcune dotate di speciali reticoli di dispersione a bassa risoluzione per l'analisi spettrale. Queste sarebbero state in grado di dire se si trattavano di luci a spettro continuo, se erano originate da un processo termico oppure da un qualche tipo di combinazione di gas. In pratica la questione fondamentale era capire che tipo di fonte energetica c'era alla base del fenomeno. Per cercare di capire se le luci erano collegate a movimenti del suolo, o alla tensione nel terreno appena prima o dopo un movimento tellurico, venne impiegato un sismografo. Se poi queste luci fossero state in grado di riflettere le onde, un radar (con lunghezza d'onda di 3 cm e distanza massima di 33 km) sarebbe stato utile per determinare la posizione e la velocità di queste luci. Altre apparecchiature utilizzate furono un'antenna a banda larga collegata a un analizzatore di spettro radio, un misuratore di campo magnetico, un laser, un visore a infrarossi e un contatore Geiger. In particolare, se i misuratori di campo magnetico e il contatore Geiger furono strumenti per certi versi obbligati, in quanto le rilevazioni di eventuali campi magnetici anomali e emissione di eventuali radiazioni erano scontate, l'utilizzo di un laser fu una scelta dettata dalla curiosa osservazione che, secondo un paio di testimoni, le luci scomparivano quando un'intensa sorgente di luce veniva diretta verso di esse. Per cui venne deciso di verificarlo sperimentalmente.