Malgrado gli occhi velati dalla rabbia mi accorsi che Liselott era tornata e mi guardava stupita. - Cosa ti prende? - domandò.

- Niente - risposi pentito. Il ragazzo aveva nascosto la testa fra le mani, sul tavolo. Stava tremando, credo singhiozzasse. La sicurezza di Liselott si squagliò come ghiaccio al sole; non le riuscì neppure di consolare Valerio.

Incoerentemente, l'unica cosa che mi riuscì di pensare in quel momento fu quanto Lisa stesse bene con il soprabito blu aviazione.

* * *

Verso le nove di sera, dopo aver superato senza troppo problemi la linea del fronte,. prendemmo posto su un treno diretto a nord, verso Madrid. Finalmente eravamo tornati nella Spagna repubblicana, democratica, libera, afflitta da contraddizioni insanabili che l'avrebbero portata alla sconfitta.

Liselott, che aveva predisposto tutto, aveva pensato anche all'identità di Valerio. Era riuscita a procurarsi un documento contraffatto; per chiunque, il ragazzo era un assistente reclutato in Spagna.

Il treno procedeva rumoroso e lento nella notte. Entro pochi minuti sarebbe finita l'altalena. Valerio guardava fuori dal finestrino, Liselott leggeva un giornale di parte repubblicana. Non riuscivo a prendere sonno, eppure sarebbe stato piacevole dormire sino all'arrivo, mentre il convoglio sferragliava da una stazione all'altra senza sosta.

Ero giunto in Spagna per vincere la Noia, la Nausea, l'assenza di ideali del mio tempo. Nel 1938, con una causa da difendere, una guerra da combattere, pensavamo (Liselott e io e migliaia di altri) che la vita avrebbe assunto un senso. Ci immaginavamo di potere scendere nelle strade insieme alla popolazione e agitare il pugno chiuso al grido di ¡No pasarán!, se necessario avremmo preso le armi per batterci a Madrid o all'Ebro o dovunque occorresse, ma i fascisti dovevano essere fermati.

Poi giunti in questa Spagna, impossibile a credersi malgrado tutto, ci eravamo accorti di essere molto più vigliacchi di quanto avessimo sospettato. Ci terrorizzava l'idea dei disagi, del freddo, della paura, della mancanza di igiene, la possibilità di essere feriti e soffrire orribilmente. E che importanza aveva davanti a tutto ciò la necessità di fermare i fascisti? La verità era che non ci sentivamo di morire in un mondo e in un tempo diversi dai nostri, per una causa già persa in partenza. La Spagna era già perduta nel 1938 per colpa dell'indifferenza criminale dell'Inghilterra, della Francia, degli Stati Uniti. Che senso aveva, ci dicevamo, il nostro sacrificio per una causa comunque perduta?

A ogni modo, Lisa ed io ci stavamo dirigendo a nord. Era sempre possibile tornare sulle nostre decisioni. Non se ne sarebbe comunque parlato prima della fine dell'altalena, poiché la guerra non avrebbe ripreso fino ad allora. E cosa sarebbe accaduto in quel momento? Avremmo tutti perduto la memoria di quel periodo? Lisa e io e gli altri Extranjeros ci saremmo ritrovati ciascuno nel proprio paese come se nulla fosse accaduto, i due eserciti avrebbero ripreso la lotta? Era l'ipotesi più probabile.

Forse era già accaduto altre volte nel passato; forse accade di continuo e noi non ce ne accorgiamo. Il Tempo è sempre incerto su quale via prendere e si ferma a riflettere, ritornando su se stesso durante quei periodi che chiamiamo altalene. Una volta fatta la scelta, non rimane la memoria di quanto accaduto. La realtà potrebbe essere molto diversa da ciò che crediamo di ricordare.

Liselott balzò in piedi e uscì nel corridoio del vagone. Era frastornata, allibita. Cosa le succedeva? Ancora una volta la ammirai per la sua carica umana, per il suo calore, perché fra tanti aveva scelto di vivere con me.