Degli scossoni frenano una barca e provocano grida:
- Siamo in mezzo a un branco di coccodrilli! - strilla qualcuno a prua.
Tutti si precipitano con le mazze e i coltelli.
- Giù! Tutti giù. Non devono vederci e nessuno deve cadere in acqua!
Ogni tanto qualcuno mena fendenti fuori dal parapetto. La navigazione procede a rilento tra violente spinte e frenate. Flane scorge un grande esemplare con una strana protuberanza sulla testa che è di traverso sulla rotta.
- Togliti, bestione! - E con la mazza gli molla una scarica in testa.
Tramortisce la carne nel fango. Un tremore paralizza la vista e i movimenti mentre un esercito di spilli assale la schiena. Le zampe rigide pendono inerti. Un bulbo di vetro rappreso rimbalza pulsando nel cranio. Si espande danzando per tutta la pelle e ghiaccia la luce per sempre. Fosfori e azzurri saltano e fondono nel grigio rappreso.
- Cerchiamo più al largo. Non può essere lontano. - Flane incita anche quelli delle altre barche a iniziare la ricerca nelle paludi. Lontano all'orizzonte schiarisce appena l'alba con veli di celeste sul freddo blu della notte. - Ci ritroviamo alla palestra.
Vedo l'alba oltre il bordo della barca, ma non posso svegliarmi: un nido d'api urla dentro la testa, formiche pazze su tutta la pelle e sono sfinito su un letto di ghiaccio. Un lancinante dolore scende dal capo su tutte le membra e infine mi toglie il respiro.
- Un'imbarcazione! Guardate, dietro quelle canne. Attenti!
I ragazzi della palestra si acquattano bassi dentro la barca. Rallentano e si fermano. Scrutano.
- Porta le scritte dell'istituto. - Mormorano.
- Sarà il professore. Ecco perché non lo si trovava. Era fuggito.
- Il segnale indica qui. Ha preso la spilla, aveva capito che era un'arma e se l'è portata dietro. Non sospettava....
I primi riflessi dell'aurora svegliano le paludi.
- Torniamo indietro.
- E se è armato?
- Starà dormendo.
- Abbiamo ancora qualche carica?
- Due.
Un ragazzo scende in acqua dietro la barca, gli passano un panetto e si immerge.
Passano veloci uccelli neri gridando sopra i canneti. Gli alti papiri dondolano leggeri colpiti dai primi freddi raggi del sole.
Le acque intorno alla barca dell'istituto si muovono per un attimo, poi si stira di nuovo la superficie di piombo e torna a lungo il silenzio del mattino.
Riemerge inspirando forte il ragazzo e si appiglia sul retro.
Un piccolo sbuffo blu sprizza dalla barca di là dal canneto con un colpo secco che si disperde lontano.
Scoppio ginocchia. Rovescio, nel nero freddo. Ingoio acqua, fango, erba. Martello alla testa, duro di pietra. Istinto di spinta da dietro. Polmoni schiacciati. Aria, respiro! Aria, aria. Respiro. Tiro le canne mi siedo nell'acqua. Sulla pelle dormono formiche di ghiaccio, gli occhi scuriscono, suoni sordi rimbalzano e fuggono.
I ragazzi sulla barca hanno virato e sono lontani.
Una rabbia incolore si scioglie nel sangue rappreso. La sfera scura di ghiaccio rallenta la corsa, la coda si muove monotona e mi spinge nel branco tra i canneti e sugli isolotti senza sapere dove sto andando. Impercettibile odore conosciuto scompare e riappare, sudore di pelle umana. Riconosco il mio odore nell'acqua. Dove sono? Da giorni vagando appare come un lampo nelle narici e scompare. Direzione di scia oscillante nell'acqua. Lascio indietro il gruppo e spingo dentro la scia. Giro isolotti. Seguo una traccia ancora più intensa nella notte.
Emerge appena una testa dall'acqua e scura mi fissa con occhi lucenti. Uno specchio nell'acqua. Schiaccio la forza che spinge, respingo le fauci aperte. Soffoco il respiro. Non posso. Non posso aprire l'orribile bocca sulla mia testa. Devio girando intorno.
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