Vedendo invece come va il mondo nel "vero" Duemila, si ricava anzitutto una grande lezione di umiltà.
Cioè: attenzione, sognare è lecito, purché si sappia che si sta sognando.
D'altronde Clarke (sempre lui) l'aveva pur previsto: il futuro - ha scritto da qualche parte - si mostrerà sempre diverso da come ce l'aspettavamo, meglio, si mostrerà "più complesso".
Andiamo allora a dare uno sguardo a questa maggiore complessità del presente: e in effetti scopriamo che negli anni '50 eravamo degli ingenui balordi, non capivamo un tubo, le nostre concezioni del mondo e della tecnologia erano ottocentesche, l'ultimo mezzo secolo ha avuto uno sviluppo - quanto a complessità - che equivale non a 50 ma a 500 anni, eccetera. Ma dopo questa ammissione, andiamo a vederne anche la "qualità".
E scopriamo (l'hanno scoperto sette persone a loro spese, ieri 1° febbraio 2003) che le attuali idee portanti sono ben altre. Niente grandi ideali, niente di niente che non sia su basi strettamente di "Dare & Avere", e di "Presto è meglio e costa meno" (che poi siamo sempre lì). Scopriamo quindi con rammarico che lo sviluppo della sf si è basato su un grande equivoco. Il futuro descritto dalla sf anni '50, quello che ci ha fatto sognare e innamorare della sf, riguardava la speranza in un universo alternativo. Nessuno degli autori di quella sf, forse, aveva previsto ciò che realmente sta accadendo. Se l'avessero previsto, forse non ci sarebbe neanche stata una fantascienza. O ci sarebbe stata, ma molto più monocorde e priva di fantasia. (Si può riscrivere continuamente 1984 e sperare che ne venga fuori qualcosa?)
Come si sarebbe potuto scrivere di esplorazione spaziale raccontando di destra repubblicana che taglia i fondi alla Nasa? Come si sarebbe potuta descrivere una stessa Nasa viva, ma destinata a non fare (o non fare troppa) "ricerca pura"? Come poteva una narrativa (la sf) basata sul connubio letteratura+scienza, confidare in un futuro in cui la ricerca pura venisse dai governi disprezzata, osteggiata, stroncata i con tagli dei fondi, o pressata per dare risultati economici in tempi brevi? Una Nasa quasi spinta a una riconversione a fini militari? A una "militarizzazione dello spazio"? Una gestione della politica che si intrufolasse (nel mondo libero occidentale, mica in qualche dittatura di destra o di sinistra, o in qualche arretrata enclave non cattolica) in ogni recondita piega delle attività umane, anche quotidiane - scienza, scuola, sanità, cultura, giustizia, informazione, regole democratiche, pace, guerra - e spingesse per averne il controllo, la gestione, la trasformazione anzitutto in un apparato di "produzione" e di vendita, ovviamente finalizzato al mantenimento e consolidamento dello status quo?
Leggo che Bradbury, intervistato sulla sciagura spaziale, ha dichiarato: "Ma io sogno ancora uno sbarco su Marte." Mi è parso un po' patetico, devo dire. Bravo, vecchio grande Ray: continua pure a sognare. Almeno i sogni finora non vengono toccati, per quanto si stia facendo proprio di tutto per condizionare - "normalizzare"? - anche questi (sognate: ma preferibilmente i nostri sogni). D'altronde, al clown è consentito sbeffeggiare il Re.
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