Quanti hanno letto Il Signore degli Anelli? No, tirate pure giù le mani. Non dicevo a voi. Mi chiedevo solo quante persone, a partire dal 1955, anno di uscita di Il Ritorno del Re, terzo capitolo della trilogia, possono aver letto l'opera di Tolkien almeno una volta. Difficile rendersi conto anche solo dell'ordine di grandezza di un numero simile nell'arco di quasi mezzo secolo. Quello che m'interessa è che sono tante persone. Tantissime. Credo di poter affermare con un certo margine di ragionevolezza che, in quasi cinquant'anni, i lettori di tutto il pianeta che si sono fatti affascinare e trascinare dalle gesta di Frodo e della Compagnia dell'Anello, fino a farsi accompagnare attraverso gli oscuri confini di Mordor verso il Monte Fato, sono milioni. E di questi milioni, gli autentici appassionati della trilogia, se non dell'intera opera tolkeniana, sono una parte assai consistente. Persone che spesso leggono il libro una volta l'anno o comunque lo riprendono in mano più volte nel corso di una vita, come un amico fedele e disponibile che è bello ritrovare, come il biglietto per un viaggio in un luogo speciale nel quale, ogni tanto, è piacevole soggiornare. Perché Il Signore degli Anelli, il libro intendo, è magico e potente come l'anello stesso, perché ogni sua pagina si nutre del mito, perché è una fantasia che parla della realtà, perché gli hobbit siamo noi, ma noi siamo anche gli elfi, i nani, gli orchetti e, in ultimo, pure gli uomini. Sono trascorsi cinquant'anni da quando Tolkien consegnò la sua trilogia al mondo, e ogni giorno, ogni mese, ogni anno, vecchi e nuovi lettori hanno immaginato, sognato, riflettuto sulle sue pagine. Poi, a un certo punto qualcosa è cambiato. Tac. Qualcosa che non ti aspetti. Come un comunicato stampa che annuncia che la New Line Cinema produrrà la trasposizione cinematografica più ambiziosa di tutti i tempi. E subito dopo arriva lui, l'artefice. Un neozelandese dal faccione rubicondo e la barba simpatica, un uomo che - badate bene - si professa grande amante dell'opera di Tolkien, e nel giro di qualche anno mette insieme, peraltro con gran senno, uno dei più grandi spettacoli che il cinema abbia mai concepito. Costui, l'artefice, si chiama Mr. Peter Jackson. E se cercate l'assassino, è a lui che dovete dare la caccia.
Dicevo dei milioni di persone. Persone sparse in cinque continenti, ognuna con la propria cultura, le proprie radici, la propria lingua, le proprie esperienze e, soprattutto, il proprio modo di immaginare. Questa è la grande potenza della letteratura. L'evocazione. Dell'emozione e dell'immaginazione. E questo vale più che mai nell'ambito di un genere come il fantasy, nel quale l'immaginazione è uno dei motori supremi della narrazione e dalla fascinazione affabulatoria. Per questo, ognuno dei milioni di lettori avrà letto il suo Signore degli Anelli. Un Signore degli Anelli del tutto privato, dipendente non solo dal Soggetto, ma anche dal Tempo. Perché il mondo di fantasticare evolve con l'età, viene filtrato dalle condizioni in cui ci si trova nel momento in cui la "parola" viene percepita e gli viene attribuito un significato e un'immagine mentale. Perché se la trama è uguale per tutti, mai lo saranno le nostre visioni e le nostre sensazioni. Che faccia ha Frodo? Com'è fatta Brea? Quanto sono paurose le Miniere di Moria? Quanto è lucente Galadriel? Insomma, la letteratura risuona in maniera singolare in ciascuno di noi, in base a quello che noi siamo e rende la Fantasia perfetta nella sua esclusiva soggettività.
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