- Ora ti sistemo la gamba... - disse e fece per toccargliela.

Maggie cercò di tirarsi indietro ma non riuscì a muoversi; non le rimase che protestare. - Lasciami stare! Non mi serve il tuo aiuto! - disse, ma Rafe continuò come se niente fosse. Le afferrò la gamba e la raddrizzò con uno strattone, quindi la bloccò con la sbarra e le cinghie. Maggie gridò una volta sola, poi svenne.

L'Angel la sistemò con cura su un sedile bruciacchiato, la coprì con alcune coperte salvate dal rogo poi accese un fuoco con quello che riuscì a racimolare e si sedette alla luce della fiamma, a osservare la sua prigioniera nella notte silenziosa del deserto radioattivo. Abbandonata su quel sedile nero pareva una bambina, il bel viso macchiato di sangue e fumo; aveva un neo vicino al sopracciglio sinistro e una pelle bianchissima. L'avrebbe consegnata alla Polizia Urbana; aveva perso Nakamura ma almeno la cattura della sua assassina gli avrebbe permesso di salvare la faccia in Agenzia e di riscuotere una parte di quel denaro che gli serviva per continuare a vivere e a lavorare.

* * *

Joel detestava restare con le mani in mano.

Aveva forzato la banca dati del Servizio Aeronautico per procurarsi il tracciato radar del velivolo di Nakamura e tutto quello che aveva ottenuto era una linea di puntini verdi che si spegneva appena superati i confini della City. Le Wastelands non erano coperte neppure dai radar militari e certo non si poteva andare a setacciarle sul terreno in cerca di tre persone in un'area di cento chilometri quadrati. Bisognava aspettare che Maggie trovasse un modo di mettersi in contatto con lui, se era ancora viva... Joel decise che non sopportava quel se e cercò di cancellarlo dalla sua mente.

Maggie era viva, doveva esserlo!

Lavoravano troppo bene insieme per perderla alla prima missione, e poi il Kranio ci sarebbe rimasto molto male.

- Oh, Maggie... - mormorò l'Ebreo. - Maledizione, dove sei?

* * *

Marciavano ormai da molte ore sotto il sole cocente delle Wastelands ma la City era come un miraggio, persa nell'aria bollente che ne distorceva il profilo irregolare. La gamba di Maggie andava sempre peggio e Rafe si era offerto più volte di caricarsela sulle spalle ma lei aveva sempre rifiutato, dicendo che non ne aveva bisogno. I due procedevano in una tregua non dichiarata poiché in quella fornace era molto difficile scappare, soprattutto con una gamba fratturata.

Sebbene il suo impianto di collegamento audiovisivo avesse smesso di funzionare da tempo, Maggie si accorgeva di parlare ancora come se l'Ebreo fosse lì ad ascoltarla; avrebbe dato qualsiasi cosa per risentire la sua voce nell'auricolare ma questa taceva ostinatamente.

- Hey, Angel! - disse la ragazza, con voce roca. - Io mi fermo.

In quello stesso istante la sua gamba fratturata cedette e Maggie si accasciò al suolo, con il viso nella sabbia, senza più muoversi. Rafe si gettò su di lei e la sollevò delicatamente, girandola sulla schiena per farla respirare; Maggie starnutì vigorosamente e aprì gli occhi..

- Cristo! - la aggredì Rafe. - Perché non mi hai detto che stavi crollando?

- L'ho fatto... - rispose lei, guardandosi la gamba rotta; la frattura si era scomposta e le ossa rotte formavano strani bozzi sotto la sua pelle incrostata di sangue.

- Bel casino, eh? - aggiunse sarcastica.

- Bel casino davvero... - le rispose Rafe, depresso.

Con la gamba ridotta in quel modo non avrebbero potuto proseguire, a meno che lei non si fosse decisa a farsi trasportare; i soccorsi potevano metterci molto tempo, un tempo che Rafe non aveva affatto. Gli restava l'ultima dose di tetrasinthinsulina, che gli avrebbe permesso di tirare avanti sino a quella notte, poi il coma lo avrebbe ghermito firmando la condanna a morte per entrambi.