- Posso solo dirti che questo tipo è davvero in gamba nel suo lavoro, il migliore...
- Puah!- rispose Maggie, disgustata.- Sarà il solito surfer smidollato sempre nascosto dietro la sua consolle...
- Senti, io non ci posso fare niente. Quel che ti dovevo dare te l'ho dato: prenditi anche il microfono tracheale e la microauricolare - disse Littlewall, spazientito, e le mise in mano una scatola di plastica nera.
- Poi se hai qualcosa da dire, vai a parlare col Kranio, ok?
Starnutì e si soffiò rumorosamente il naso, quindi si girò e riprese a lavorare al suo videoproiettore.
- Scusami, ma ora ho da fare... Ciao, e chiudi quando esci.
Maggie si ritrovò in un secondo fuori dalla porta, furibonda, con la sua scatola in mano e tanta voglia di uccidere qualcuno.
* * *
- Io non lavoro in squadra! - gridò Maggie, esasperata dall'atteggiamento del Kranio. L'uomo pareva non ascoltarla, mollemente adagiato sulla sua poltrona fluttuante.- Tu fai quello che dico io, e basta. - Il tono secco del Kranio non ammetteva repliche.
- Ma Kranio... - cercò di replicare Maggie, ma la mano del Kranio calò pesantemente sulla sua faccia, sbattendola sul pavimento. La ragazza si tirò in ginocchio per guardare in faccia il suo padrone; un filo di sangue le colava dal naso, macchiandole i denti e le labbra di rosso.
- L'Ebreo ti aspetta nella stanza della consolle, sul retro del Maze.
La calotta cranica catturò un riflesso di luce che negli occhi umidi di Maggie si scompose nei sedici milioni di colori di un arcobaleno sintetico. Avrebbe voluto piangere ma i suoi occhi modificati non glielo permisero e Maggie si diresse, pesta e silenziosa, nella stanza dove la attendeva il suo odiato socio.
* * *
Assorto nei suoi pensieri, Joel, detto l'Ebreo, si prendeva cura della sua adorata consolle per la Virtual-Rete, una macchina dell'ultima generazione Sony-Mitzu offertagli dal Kranio come ricompensa per l'ultimo lavoro andato a buon fine. Ultimamente usciva dalla sua tana al Maze solo quando era strettamente necessario; per questo la vista di Maggie sulla porta gli tolse il fiato come un pugno allo stomaco.- Tu sei l'Ebreo, vero? - disse la ragazza, nella penombra.
- Joel. - la corresse lui, secco. Detestava quel soprannome, anche se sapeva che tutti lo chiamavano così alle sue spalle.
- Maggie. - disse lei, lapidaria.
- Ti stavo aspettando. Vieni dentro...
- Senti, Ebreo, mettiamo subito le cose in chiaro...
La ragazza fece qualche passo all'interno della stanza semibuia, cercando di intravedere il suo interlocutore.
- Non voglio neppure fare finta che lavorare con te mi piaccia. - continuò, - Io non lavoro in squadra, ma questa volta ho dovuto fare un'eccezione, perché me l'ha chiesto il Kranio...
Joel la fissò, muto. Lei proseguì, avvicinandosi piano.
- Facciamo quello che dobbiamo fare, chiudiamo questa faccenda in modo rapido e pulito e poi ciascuno per la sua strada: tu alla tua consolle e io alla mia Smith & Wesson, va bene?
La voce della ragazza era carica di rancore represso.
- Va bene - le rispose. - Proviamo il collegamento. Che interfaccia usi? Una OS166M?
Maggie fece una smorfia mentre si sedeva davanti alla consolle .
- No. Una OS332M DoubleSpeed, appena impiantata. - rispose, sdegnata.
Joel si sedette al suo posto, entrando nel cono di luce proiettato dal faretto che illuminava la superficie del suo computer.
- Inserisci l'auricolare e il microfono - le disse, muovendo rapidamente le mani sulla tastiera.
Maggie, fingendo di adattare il suo impianto visivo alle mutate condizioni luminose, si soffermò con il suo occhio biologico sul volto del giovane che le sedeva affianco: la visione infrarossa non era molto utile da quel punto di vista.
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