- Ti accompagno?- le chiese, supplichevole.

- Naah! Appesti l'aria con quella tua puzza da letamaio. Sparisci!

Rinfoderò la pistola e si diresse verso la stanza privata del Kranio, nelle profondità del Maze. Cane rimase immobile con le orecchie basse; solo la coda biosintetica che si era fatto impiantare di recente si insinuò tra i suoi polpacci magri come un serpente in bianco e nero.

* * *

Il Kranio, afflosciato sulla sua sedia anti-G, osservava pensieroso i tetti in HDPE delle costruzioni prospicienti il Maze: la nebbia si era diradata e cadeva una pioggerella sottile, con un pH leggermente più alto di cinque a causa delle favorevoli condizioni di vento di quei giorni.

Nakamura...

Il Kranio poteva sentire il suo sangue ribollire di rabbia al suono di quel nome che non aveva mai potuto dimenticare. Nakamura: era stato lui a ridurlo in quello stato, immobile e flaccido su una sedia anti-G, paralizzato dalla vita in giù e con la testa chiusa da una calotta in titanio.

Quella notte di vent'anni prima aveva stravolto la sua vita e il Kranio ne ricordava ogni attimo, ogni mossa, ogni parola. Ricordava persino la sensazione che aveva provato quando il cavo monomolecolare nella mano di un ninja mandato a ucciderlo da Nakamura gli aveva scoperchiato la sommità della testa; un centimetro più in basso e sarebbe morto di sicuro ma lui si ricordava solo quella curiosa sensazione di freddo al cervello.

Gli uomini di Nakamura lo avevano lasciato per morto sul pavimento del suo vecchio locale, lo Smoke, con il cervello a nudo e la spina dorsale spezzata poco al disopra del bacino.

Solo il desiderio di vendetta gli aveva permesso di sopravvivere a quelle ferite, di vivere per vent'anni come un handicappato: immobile, sessualmente impotente, pieno di rabbia e di veleno. Ma ora il Kranio era di nuovo forte, aveva molti uomini e molto denaro e il giorno in cui Nakamura avrebbe pagato ogni singolo centesimo di quello che gli aveva fatto passare era finalmente arrivato.

E il Kranio non si sarebbe limitato a menomarlo: la sua teca di trofei al Maze si sarebbe riempita di variopinti pezzetti anatomici dell'uomo, dai suoi globi oculari ai suoi testicoli, per ricordare a tutti che il Kranio aveva una memoria molto lunga da cui era meglio tenersi alla larga.

* * *

Quando il Kranio notò Maggie che attendeva pazientemente la sua attenzione, discese dal suo posto di osservazione volteggiando e posò la sua enorme mole sull'opaco pavimento fibrorinforzato ad hoc. La sua voce sintetica, prodotta da un laringofono, rimbombò nella stanza semivuota.

- Mag, bambina mia...- disse, con la luce del possesso negli occhi. - Ho un lavoretto per te, sai? Sarai felice di tornare a lavorare, dopo il tuo ultimo impianto...

- Chi devo ammazzare questa volta?- domandò lei.

Il Kranio le rispose con un sorriso feroce.

- Nakamura è tornato nella Periferia.

* * *

Il suo angelo custode aspettava Nakamura sull'attenti, inguainato in una tuta di pelle nera, immobile come una statua vivente. Appena il boss entrò nel suo campo visivo, il giovane si inchinò profondamente dicendo:

- Nakamura-san! Agente Steel numero zero ai suoi ordini, signore.

All'interno della sua stanza blindata al Queen Margaret Hotel, Nakamura iniziò, per la prima volta da quando era giunto nella Periferia, a sentirsi finalmente al sicuro.

Si fermò davanti all'agente e lo guardò fisso negli occhi: il giovane sostenne lo sguardo, senza battere le ciglia neppure una volta.

E' un samurai, pensò Nakamura, un fottuto samurai gai-jin.