12
Gli diedero addosso senza troppe cerimonie, sollevandolo di peso dal giaciglio fradicio. Camicie nere e giubbe grigie, bracciali uncinati, uno scenario terrificante che lo puntava con gli occhi ostili delle armi da fuoco.
- Non ammazzatemi! - gridò come un ossesso. - Sono un contadino, un pover'uomo! Non sono un partigiano!
Giunse un manrovescio a farlo tacere, potente e preciso su un angolo della bocca, che sprizzò sangue. L'uomo s'afflosciò sulle ginocchia, rotto in un pianto disperato mentre con la mano si teneva la mascella dolorante.
Alti stivali di cuoio marciavano sulla paglia attorno a lui, confabulando. Qualche parola in tedesco raggiungeva a sprazzi l'uomo, che rabbrividiva fin nelle ossa e attaccava a tremare pregando la Madonna e tutti i santi di cui ricordava il nome.
Poi due mani lo ghermirono e lo sollevarono sulle gambe molli.
Un ufficiale tedesco stava di fronte a lui, minaccioso nella rigida uniforme nera macchiata d'argento. Lo fissava con occhi di ghiaccio, circondato da un brusio inesauribile di creature agonizzanti dall'aldilà, che presto forse lui avrebbe raggiunto.
Accanto al nazista stavano due repubblicani con le insegne di Salò sul petto, i tenebrosi fez neri calati sugli occhi. Anch'essi lo fissavano torvi, come se volessero crepargli il cuore nell'attesa, silente e densa di oscuri presagi.
Poi finalmente il nazista fece un cenno con la mano guantata, pronunciò alcune parole incomprensibili e si allontanò di scatto.
Quale sollievo per il pover'uomo, anche se la paura era ancora un grumo solido dentro di lui. Perché quell'acquetta sporca che gli stava davanti non era nemmeno paragonabile con il sangue nero, scuro come l'inferno, dell'ariano crociato.
- Stammi bene a sentire - esordì uno dei fascisti caricando la voce. - Se hai ancora voglia di vivere, asciugati il moccio e ascolta quello che ho da dirti.
L'uomo annuì vigorosamente, sentendosi rigenerare da un afflato di speranza.
13
Il capitano Anchise guardò nella canna della calibro 45, sospirò e si disse che era stupido patire tutta quell'apprensione. Fermo era il miglior partigiano che avesse mai incontrato, doveva darne atto al malumore dei suoi gradi, e certo gli altri due non erano da meno. Se la sarebbero cavata da soli, in ogni caso non poteva allontanare un solo uomo dalle postazioni a cui li aveva assegnati.
Il comando aveva riferito di ingenti spostamenti da parte delle forze nemiche, due reparti al completo di giubbe grigie diretti verso Murello. Doveva aspettarsi un attacco da un momento all'altro, e fino a quando le sue supposizioni e i suoi timori non trovavano conferma, non poteva correre il rischio d'indebolire la cintura di difesa che aveva allestito.
Eppure una profonda inquietudine lo teneva in apprensione. Non sapeva identificarne la ragione, ma scrutando dalla finestra il bosco sinistro sigillato in una nera cornice di tenebra, la immaginava legata all'arcana suggestione che gli suggeriva il movimento di vacue ombre fra i tronchi.
- Abbuia presto, 'stasera - osservò la donna che rimestava con un cucchiaio nel paiolo sul fuoco. - Tempo da cattivi presagi.
L'odore del lardo che friggeva raggiunse le nari di Anchise con il doloroso ricordo di tempi più felici: sua madre, suo padre, le corse a perdifiato nei campi gonfi di frumento e la gioia di poter alzare lo sguardo al cielo terso senza la paura di scorgervi le nere sagome degli aeroplani.
Stringendosi in una coperta tutta sbrindellata, Anchise raggiunse il suo posto a tavola e consumò in silenzio il magro pasto.
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