10
Emersero dalla notte, dai vapori salmastri della bruma mattutina: creature che si muovevano come sospinte da un vento vesperale che odorava di morte e di putrefazione. Il casolare in cui s'aggiravano sbiancava pallido nei vapori truculenti dell'alba, ma esse non davano segno di volersi annullare a contatto con gli artigli roventi della luce.
Nascosti nel ritano umido, ventre a terra, i due partigiani stavano immobili. I loro sensi scavavano nelle volute eburnee dei vapori cercando di calamitare alla realtà quello che con gli occhi cavavano da un mondo d'incubi.
Il casolare era un nero tempio di deità infere.
Poi si accorsero che le creature volgevano verso di loro le orbite vuote, e strisciando s'avvicinavano con spettrale andatura attraverso le felci ghiacciate.
Alba sollevò lo Sten e disarmò la sicura. Una raffica lacerò il mondo d'ombre del sottobosco, impattando con la vacua consistenza delle figure in movimento.
I proiettili incandescenti morsero le sbiadite uniformi grigie, attraversarono i caschetti puntuti e graffiarono le orbite cineree di quegl'occhi spettrali. Ma non una delle creature rallentò la marcia, né parve risentire l'effetto dei traccianti. Allora i partigiani cessarono il canto astioso degli Sten e si precipitarono in una fuga a dirotto.
Le pallide creature, dietro di loro, avanzavano imperterrite, sogghignanti e terribili nell'incerta luce del mattino.
11
C'era qualcosa nell'aria, un sentore d'aghi di pino che frizzava nelle nari stuzzicando immagini boschive che gaie lo erano solo di straforo. Il contrasto con la realtà garriva nel vento a cavallo dei tuoni, e nel diluire della tenebra il cielo distillava un'acquerugiola polverulenta.
L'uomo era accovacciato in un fienile diroccato, pericolante di tegole e pareti ai confini della boscaglia, sommerso da stoppia fradicia. Fissava l'esterno con occhi sgranati, incolori nel castone delle orbite.
Riscuotendosi ebbe l'impulso d'affacciarsi e di tendere la mano alla leggera consistenza della pioggia. L'alito frenetico del vento era ingrossato, e le piante si curvavano in cima come anziani sotto il peso dei lustri.
La grigia atonia del cielo era premonizione d'una difficile giornata per l'uomo, i piedi mal calzati che sarebbero affondati nel fango e rigagnoli gelidi pronti a colargli lungo la collottola.
L'uomo rabbrividì, si strinse nel giaccone sbrindellato e tornò con rimorso alla sua intenzione di riprendere il cammino. In fondo, quel fienile gocciolante attenuava non poco il freddo, la fatica e la paura accumulata nelle ossa dal fiato incombente della Repubblica.
Lui non era un partigiano, non era un combattente: fuggiva a quelle possibilità e al loro ancor più nefasto contrario. Aveva un fratello coltivatore a pochi chilometri da Murello, e là avrebbe chiesto asilo, insieme al necessario conforto di un focolare.
Si sporse ancora all'infuori, raccolse una decisione dall'accidia di quel tempo gramo e tornò a sdraiarsi sulla paglia, fin quando il sonno non tornò a ghermirlo.
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