- Alzati! - la incitò Milo afferrandola per un braccio e tirandola in piedi. Fermo la sostenne per la vita e diede un segno al compagno: - Sbrighiamoci.
Sollevarono di peso la ragazza, che crollò esanime nella loro stretta, e risalirono il pendio a rotta di collo.
Alcuni partigiani portarono una coperta e l'avvolsero sulle spalle della donna.
- Fermo! - chiamò Anchise deviando per un momento lo sguardo dalle creature in movimento. Il partigiano lo raggiunse con una corsa. - Che cosa sono?
Fermo scosse la testa perplesso. Aveva le mascelle serrate, in segno di diniego.
- Non lo so, capitano. Né tedeschi né repubblicani.
Anchise annuì. Passò lo sguardo sui suoi uomini appostati, sulle loro espressioni di sgomento, sui fucili spianati oltre i ripari. Quando diede l'ordine di aprire il fuoco, lo fece con una rabbia interiore che per Fermo fu il chiaro anticipo dell'assurdo svolgersi degli eventi.
26
Videro tutti l'alta parabola della bomba a mano, una delle ultime rimaste, e finalmente un coro di gioia rabbiosa si alzò dagli uomini affossati nella neve o dietro i ripari; partigiani terrorizzati con le dita anchilosate ancora strette intorno ai fucili.
Avevano dato fondo ai caricatori, le canne fumavano arroventate, eppure i proiettili non avevano sortito alcun effetto, saettando contro le figure disincarnate che avanzavano come se fossero fatte di materia inerte: i proiettili impattavano contro le divise brune, marcescenti, e le attraversavano, strappando brandelli di materia solida da cui non sfuggiva neppure una goccia di sangue.
La bomba a mano cadde per caso ai piedi di una delle creature - creature che i partigiani cominciavano a pensare non potessero appartenere a quel tempo, a quel luogo, tutt'al più ai recessi profondi dei loro incubi - e l'esplosione fu tale che la carne nera si disintegrò in mille brandelli sparsi ovunque, insieme alla colonna di terra e neve strappata dal suolo.
Le grida di gioia dei partigiani caddero ben presto nell'inedia della disperazione, quando si resero conto che le altre figure avanzavano impassibili nel fumo dell'esplosione, le orbite nere e vacue come se avessero tenebra al posto degli occhi.
Allora qualcuno cominciò a smarrire il filo della ragione.
27
- Sono spettri! - gridò un giovane di Cormezzo, unitosi al gruppo nel dicembre scorso. Aveva un filo di bava alla bocca e gli occhi sgranati come se volesse farli schizzare dalle orbite. - Cadaveri resuscitati che i tedeschi ci scagliano addosso! Non possiamo ammazzarli, non possiamo fare niente!
Un partigiano accanto al giovane si morse a sangue un labbro, gettò il fucile nella neve e fuggì come se avesse il diavolo in corpo.
Altri lo seguirono, sconvolti e terrorizzati, fin quando Anchise si rivolse a tutti col tono di comando più severo che conosceva. Eppure lui stesso, nel fondo delle viscere, avvertiva un gelo intollerabile che gli stringeva il cuore.
- Nessuno si muova! - gridò. - Quelle cose potrebbero essere ovunque. Se restiamo uniti riusciremo a cavarcela. - Spostò lo sguardo verso Milo e Paride, che ascoltavano a denti stretti. - Voi due interrogate la ragazza. Può darsi che sappia qualcosa.
Si voltò verso le prime case del paese e vide il piccolo Muggio, con la sua calibro 22 stretta in pugno, che scrutava apprensivo i compagni.
- Muggio! - chiamò, facendo segno al ragazzo di raggiungerlo. - Fatti consegnare dai borghesi tutta la benzina di cui dispongono. Tutta! Dì loro che è un mio ordine.
Il ragazzo corse via col fiatone grosso. Anchise tornò a voltarsi verso il declivio. Le creature avanzavano impacciate nella neve, e la bruma lattescente le seguiva inasprendo le ombre del bosco. Ormai erano giunte a mezza costa.
- Continuate a sparare! - ordinò Anchise, scuotendo gli uomini dal terrore che li aveva attanagliati. - Mirate alle gambe, soprattutto alle gambe!
Ma sapeva lui per primo che i loro sforzi erano inutili. Il piombo non avrebbe potuto fermare quelle creature.
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