21
Giunsero i rinforzi al momento opportuno, con esatto criterio: tre partigiani aggirarono i tedeschi sul fianco, li colsero di soppiatto e incitarono i loro compagni a farsi avanti nel clamore degli spari.
Due uniformi brune compresero il malpartito e se la diedero a gambe.
Quando Umberto, dall'alto del suo riparo, fece risuonare l'ultimo colpo, si accorsero tutti che uno strano silenzio dilagava spropositato in quell'angolo di bosco.
Da lontano risuonava l'eco dei mortai, terribile e dimesso. Fermo fece un segno ai compagni e tutti insieme ritirarono verso Murello. Da quella parte difficilmente sarebbero spuntate altre uniformi.
22
Erano ovunque, più di quanti se ne fossero aspettati: fascisti e nazisti miscelati senza rispetto, in nome di quella Repubblica che ancora seminava panico e morte tra la sua stessa gente.
Anchise aveva disposto gli uomini in un cerchio rarefatto, quei pochi fucili di cui poteva disporre. Fermo e Milo erano tornati dal nord, zuppi d'acqua e di fervore, e lui li aveva consultati con lo sguardo.
- Tutto a posto. Per un po' possiamo respirare.
Anchise annuì maledicendo il fuoco dei mortai. Stavano battendo a tappeto il costone sterrato al limite del paese, e prima o poi avrebbero stanato i suoi uomini dalle postazioni.
Stava ancora pensando a una manovra d'argine a quello sfacelo, quando all'improvviso il frastuono delle deflagrazioni tacque e la pioggia di neve e detriti cessò.
Più sotto, dalle ombre del bosco che costeggiava le pendici della collina, giungevano spari e raffiche di mitragliatori; accompagnati da grida raggelate che fecero scorrere sguardi muti e sgomenti tra i partigiani.
Anchise si sporse a guardare e constatò quello che i suoi sensi gli suggerivano: fascisti e tedeschi sparavano a raffica, nel buio del bosco, e i colpi delle loro armi avevano direzioni diverse da quella di Murello.
Fermo gli si accucciò accanto, parve voler dire qualcosa poi scosse la testa, perplesso e corrucciato.
Anchise ne comprese gli umori e fece un gesto con la mano.
Cos'erano quegli spari?
L'interrogazione restò sospesa senza risposta nell'aria gelida.
23
Aveva ripreso conoscenza tra le braccia avide di un uomo che la tastava e la palpava con una smorfia di piacere sul viso lubrico.
Alba lanciò un urlo, tirò un calcio e si divincolò dalla stretta. Mosse due passi verso il fondo del bosco, ma alcune uniformi nere le sbarrarono il cammino e l'afferrarono per la collottola.
- Maiali! - gridò furiosa, frenando la lingua soltanto quando un ceffone la raggiunse in pieno volto. Crollò a terra nella neve impastata di fango, e gemette per il labbro che le si era spaccato. Accanto a lei una voce rauca parlò in tedesco.
- Dev'essere una staffetta - rispose uno dei fascisti. - Una di quelle puttane che aiutano i ribelli nei loro collegamenti.
Vibrarono altre parole in tedesco, gelide e folgoranti, poi i fascisti sollevarono Alba e la trascinarono al suo posto, un angolo tra due cataste di legno e casse d'imballo.
Uno dei repubblicani, un uomo alto un'intera spanna più di lei, ulteriormente allungato dal fez nero inclinato di traverso, la fronteggiò nella posizione tipica: gambe larghe e mani piantate sui fianchi.
Sullo sfondo, Alba avvertiva il tuono dei mortai. E dentro di lei la paura, la paura per quello che aveva visto che ancora non si era assopita. Anzi, la chiamava e la spronava con un fremito di disperazione a fuggire da quel luogo.
- Dunque - la sollecitò il federale, guardandola con il labbro sporto. - Cos'hai d'interessante da raccontarci? Che ci facevi in giro per questi boschi?
Alba lo fissò sprezzante, trattenne a stento l'impulso di sputargli in faccia e strinse un lembo del suo vestito fradicio.
- Credo ti convenga dare fiato alle trombe, mia cara - continuò il fascista sfoderando con bella mossa l'automatica dalla fondina. - Non vorrei vedermi costretto a...
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