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Le canne della doppietta si spinsero in avanti, ruotarono verso la fonte dell'improvviso rumore e scrutarono minacciose le ombre del sottobosco. Una sottile falce di luna nascosta dalle frasche innevate spandeva sinistri bagliori, ma Umberto colse ugualmente il leggero movimento nella neve pochi gradi alla sua sinistra. Acuì lo sguardo regolando il puntamento della doppietta e attese, i cani già abbassati e il dito pronto sul doppio grilletto.

Fermo e Paride, dal fondo del ritano ghiacciato, non erano stati da meno. Avevano colto il rumore compresso di qualcosa che si spezzava sotto la neve, e già i fucili spaziavano un orizzonte di tenebra a 180 gradi.

In alto, vigile ma esposto come una civetta, Umberto vegliava.

Senza pronunciare parola, i due partigiani si guardarono e si consigliarono. Paride annuì all'indicazione di Fermo, e silenzioso come un gatto scivolò lungo il fossato, verso il tronco marcito di una grande quercia che aveva dato scotto all'incedere del tempo e ora riposava adagiata di traverso.

In quel momento una macchia bruna apparve dallo scuro, si muoveva cauta e sospettosa, ma non poté anticipare l'esplosione dei colpi dall'alto e si vide raggiungere dal piombo della doppietta che aprì uno squarcio nella divisa.

Sull'eco di quegli spari si scatenò l'inferno. Paride e Fermo avevano individuato le uniformi nemiche celate nel buio e avevano aperto il fuoco a raffica, illuminando gli anfratti saturi del bosco con spettrali vampate di colore.

Stringendo dolorosamente le mascelle, Fermo dovette rassegnarsi a dar credito al capitano Anchise: la Repubblica si stava facendo avanti aggirando il paese dal bosco.

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- Altolà! Non muovere un passo di più! Chi sei? Fatti riconoscere!

L'uomo deglutì con affanno, alzò le mani al cielo e lanciò un grido nella brezza leggera, cercando di soffocare il tremito che lo scuoteva: - Vengo da Calizzano! Abbiamo avuto i fascisti! Io sono riuscito a dileguarmi per miracolo! Non ho niente con me! - Mostrò la fondina vuota che i tedeschi gli avevano affrancato alla cintura. - Mi chiamo Pascal, rosso di Calizzano!

Per un momento vi fu silenzio. Una sospensione terrificante nell'aria gelida che sapeva di neve. Poi dall'alto si levò una voce pesante, autoritaria, che lo fece vacillare: - Se sei un partigiano perché non ti fai liberamente avanti? Noi li sappiamo riconoscere i nostri compagni - .

L'uomo trattenne a stento l'impulso di voltarsi con sguardo supplice verso le giacche brune acquattate nel bosco. Non sapeva che fare, il terrore l'immobilizzava come una statua di ghiaccio su un mare di neve.

Il suo destino si decise all'improvviso, quando dal versante opposto della collina provenne il frastuono dilatato di colpi d'arma da fuoco.

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Il capitano Anchise sollevò il braccio e fece per gridare all'uomo di avanzare, tenendo le mani bene in alto e che ponesse cautela a come si muoveva perché i suoi uomini non ci avrebbero messo un secondo a fare fuoco. Stava per farlo quand'ecco risuonare gli spari dal bosco, e tutto improvvisamente si ricompose in un logico diagramma.

- Milo! - gridò con una smorfia di rabbia. - Porta i tuoi a dar man forte a Umberto! Pile e Santo li voglio da questa parte con tutti i borghesi validi!

Milo annuì e fuggì via. Anchise tornò a rivolgersi all'uomo immobile a mezza costa nella neve. Alle sue spalle il bosco si stava animando di nuova vita, uniformi brune che di nascosto tra gli alberi aprivano il fuoco con fucili e mitragliatori.

Seguirono alcuni tonfi ovattati in rapida successione, che i partigiani riconobbero, e lanciando urla e richiami si gettarono tutti a terra, in fossati e ripari, pronti al caos delle deflagrazioni.

- Mortai - biascicò Anchise acquattato dietro un muretto. Scorse un gruppo di sprovveduti borghesi e li fermò con un avviso: - A terra! Mettetevi al coperto! Non sentite le bombe?

Cozzarono due ogive, e la sterrata di Murello fu sommersa da una pioggia di neve e terra divelta, accompagnata dalla decompressione dell'aria che andò a forzare i timpani dei partigiani.

Attraverso il fumo Anchise puntò il moschetto, inquadrò l'uomo che a valle correva incespicando nella neve, le braccia protese da autentico traditore, e fece fuoco. Due, tre, quattro volte. Metodicamente, aggiustando ogni volta la mira.

Il falso partigiano crollò nella neve con un fiore scarlatto sulla schiena, e si contorse fino a quando l'ultimo alito della sua spregevole vita esalò condensandosi. Soltanto allora Anchise staccò il dito dal grilletto.