Sette anni alieni

Sette anni alieni

Il premio Alien è in attività dal 1994. Riservato ai racconti di fantascienza è organizzato con l'idea di offrire un interessante punto di confronto a tutti gli scrittori italiani, garantendo reali sbocchi editoriali ai partecipanti: ne sono prova i numerosi racconti, vincitori o finalisti a questo concorso, inclusi in antologie uscite in libreria o in edicola (Terzo Millennio, dell'Editoriale Avvenimenti, il primo Millemondi tutto italiano della Mondadori, intitolato Strani giorni, I mondi di Delos della Garden Editoriale). Tutto questo dimostra la grande attenzione che l'organizzazione del premio Alien riserva allo scopo principale a cui mira chi scrive: pubblicare. Oltre alle antologie che sono già state fatte e che si faranno ancora in futuro, la pubblicazione delle opere partecipanti che riescono a entrare nell'elenco dei finalisti è assicurata anche dalle riviste telematiche Delos Science Fiction e IT Horror Magazine, che garantiscono una vasta risonanza nel mondo del fantastico italiano, e dal magazine distribuito in edicola Strane Storie.

Giornalista professionista, scrittore e sceneggiatore, è il direttore responsabile dei portali di Solid Network e delle collane librarie del gruppo. Milanese di 40 anni è autore dei romanzi China killer (Marco Tropea Editore) e Gengis Khan (in due volumi, Mondadori), curatore di numerose antologie, traduttore e sceneggiatore RAI/Mediaset.

- La scheda su LiberSapiens

1

Il vento caricava.

S'ispessiva, ansimava, sferzava con aghi di neve ghiacciata i volti dei partigiani.

Infagottato nel giubbotto di pelle, con il collo incassato nell'alto bavero consunto, Fermo lasciava correre lo sguardo sulla distesa di cristallo che stringeva Murello in una morsa asettica e immutabile. Accanto a lui, appollaiati sullo stretto parapetto della strada, Paride e Umberto fumavano in silenzio, gli occhi fissi sull'orizzonte piatto, pronti a cogliere l'impronta bruna delle uniformi sulla neve.

Il vento caricava di sghimbescio, e Fermo ne inalò una boccata frizzante.

- Siamo sicuri? Vengono?

- Adesso o mai più - rispose Umberto con un ringhio. Stringeva la doppietta con i guanti rattoppati, le tasche pesanti di munizioni. - Questa è l'ultima neve. Se non ci fanno sputare sangue prima di primavera, si troveranno gli alleati sul collo.

- Allora saranno loro a sputare sangue - se la rise Paride succhiando l'ultima boccata di fumo amaro. La sigaretta si staccò dalle sue dita, disegnò un'alta parabola infuocata e andò a fondere la neve oltre il parapetto, sull'orlo della breve scarpata che sfigurava la collina di Murello.

- Lerci nazisti - sibilò Fermo attraverso i denti neri.

- Lercia guerra - commentò Paride facendo schizzare un getto di saliva che divenne ghiaccio. La conversazione si smorzò sull'eco di quella imprecazione; che fosse il vento a trarre le dovute conclusioni.

2

Il capitano Anchise stese la carta topografica sul grande tavolo di quercia mentre il piccolo Muggio lanciava pezzi di torba nel fuoco, facendo sprizzare faville.

Attorno al tavolo si disposero i partigiani intirizziti, gli occhi spenti, ancora irritati con quell'inverno che non voleva ritirarsi.

Anchise stava in piedi da un lato, le mani aperte sulla carta topografica. Ora che potevano vederlo bene sotto la luce della lampadina, i partigiani si accorsero di certi segni che ne tradivano l'età: sottili rughe d'apprensione gli solcavano la fronte e si diffondevano ai lati degli occhi, una piccola cicatrice gl'inzaccherava il mento, il naso aveva ricevuto qualche colpo di troppo, forse una botta con il calcio di un fucile.

- Li aspetto per domani. - Partì un dito, a indicare la periferia di Murello. - Qui.

Fermo lanciò un'occhiata alla cartina, tirò su con il naso e scosse la testa.

- Non è da loro, capitano - osservò.

Anchise sollevò lo sguardo e lo fissò duramente. Così messo, prostrato in avanti sul tavolo, sembrava un nano accanto a un gigante.

Fermo era un pezzo di partigiano alto un metro e novanta, con due larghe spalle da lottatore che incutevano soggezione. Anchise, sulle punte dei piedi, gli arrivava al mento. Eppure il suo sguardo era saldo, consapevole del comando.

- Ci aggireranno e si avvicineranno al paese tenendosi al riparo del bosco - continuò l'ufficiale senza staccare gli occhi da quelli di Fermo. - Poi avranno poche decine di metri da percorrere allo scoperto. - Fece una pausa. - Perché dici che non è da loro?

Fermo si strinse nelle spalle, storcendo le labbra.

- Li conosco - dichiarò. - Verranno dritti da nord, su per la scarpata, decisi a sporcare di sangue la neve pur di non darci credito. All'avanguardia ci saranno gli sgherri della Repubblica.

Intorno al tavolo s'incrociavano sguardi incerti, severi, che annuivano o dissentivano. Anchise riguadagnò un palmo raddrizzando la schiena.

- In quel punto la neve è troppo alta - commentò aggrappandosi al tono che gli era concesso dai gradi. - Non sono degli stupidi. Sanno che faremmo una strage.

A queste argomentazioni Fermo non mosse le spalle, non arricciò le labbra, non tirò di naso. Si guardò intorno e vide il languore che prendeva forma negli occhi dei compagni.

- Sei tu che comandi - mormorò alla fine, scostandosi dal tavolo. - Io ho solo detto la mia.

Se ne uscì lasciando Anchise con il naso che pendeva incerto sulla carta topografica.