Il venditore di libri usati di fantascienza attribuisce il punto di vista narrativo a un signore che fa la professione indicata dal titolo. Narra la grigia parabola familiare di un cliente, Mario, che viene abbandonato dalla moglie Angela, confluita nella setta dei Figli della Luce, per ricostruirsi un'esistenza con Claudia e nel contempo scoprire che il figlio diviene tossico e spacciatore, ma alla fine si costituisce. Nel corso del libro, scritto con una pesantezza che rischia di far venire l'ernia a disco mentale, la fantascienza viene evocata nei volumi che il protagonista compera in libreria. Tutti inventati, a parte le Cronache Marziane di Bradbury. I rapidi cenni di trame contengono i peggiori luoghi comuni, dalle invasioni extraterrestri alle guerre stellari. Con nomi di autori immaginari dall'impronta angloamericana, del tipo di Allen Keesling Junior: così improbabile come lo sono, a loro volta, quelli abborracciati dagli scrittori statunitensi per i personaggi italiani, che devono ad ogni costo finire con una vocale, anche se non corrispondono ad alcun reale patronimico peninsulare.
Nel libro di Bugaro, la fantascienza viene usata come musica in sottofondo che riversa in parole l'impossibile escapismo di Mario dalla quotidianità che lo attanaglia. Essendo una via di fuga, assume, forse anche senza una piena volontà dell'autore, una connotazione colpevolizzante. In fondo, anche il figlio Luca rifiuta il confronto con le cose, attraverso la droga, assunta e spacciata.
Un secondo caso di appropriazione indebita di fantascienza viene dal film Luce dei miei occhi, di Giuseppe Piccioni, scritto da quest'ultimo con Linda Ferri e Umberto Contarello. Qui addirittura campeggiano le copertine di Urania vecchio stile, col cerchio rosso e le illustrazioni di Karel Thole. Sono la lettura preferita di Antonio (Luigi Lo Cascio), autista che nelle attese dei clienti vaga dentro di sé negli spazi interstellari insieme a Morgan, eroe di una saga anche qui inventata con il quale si identifica. Forse il volo pindarico non è l'atteggiamento più congeniale e indicato per uno che di mestiere deve stare attento alla strada. Magari anche per questo Antonio non si accorge a prima vista che Maria (Sandra Ceccarelli), della quale si innamora, è una di quelle incattivite nevrotiche di cui abbonda il bestiario femminile post-femminista. E' vero che lui fa l'introverso, "schiatta in corpo" si dice, vuole molto bene alla piccola Lisa (Barbara Valente), la figlia della protagonista. Inoltre, nei panni mentali di Morgan, ha anche una missione: salvare Maria dalle grinfie dello strozzino Saverio (Silvio Orlando). Il tutto cadenzato dagli accordi depressivi al pianoforte di Ludovico Einaudi.
La voce fuori campo di Lo Cascio/Antonio scandisce la trama con riferimenti favolistici alle distanze cosmiche percorse da Morgan. Sembra, tuttavia, lo stile di un esordiente sulle fanzine. Gli altri sono alieni. Lo afferma anche nei suoi discorsi smozzicati. Finché ci crede anche Lisa, mettendo in crisi il rapporto con la madre, che accusa di essere un'extraterrestre sostituitasi all'altra. Quando invece, meglio ribadirlo, Maria è solo un'incattivita da un carattere di per sé insopportabile appena aggravato da passati rimproveri materni, che ha trovato nell'assistenzialismo psicoterapeutico la giustificazione delle proprie inadeguatezza di donna e madre. Riesce ad approfittare di Antonio al punto da scatenare in lui una vena da giustiziere. Infatti fa arrestare lo strozzino Orlando e, presumibilmente, nel finale conquista Maria (ma è difficile immaginare che una del genere non si faccia venire di nuovo il bozzo storto alla prossima luna).
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