Poltergeist - Demoniache Presenze di Tobe Hooper
"Sono intorno a noi"
Finito l'impegno produttivo con George Lucas per I predatori dell'arca perduta Steven Spielberg si mise immediatamente al lavoro sui suoi progetti successivi. Uno fu E.T. L'Extra-Terreste, di cui abbiamo ampiamente parlato nel numero scorso, l'altro fu Poltergeist. I due progetti stavano entrambi molto a cuore al regista de Lo Squalo ma ricevettero il via libera finanziario dalle rispettive case di produzione (Universal e Metro Goldwyn Mayer) quasi contemporaneamente, finendo per accavallarsi. Spielberg decise di procedere con ET e quindi, in accordo col co-produttore Frank Marshall (anch'egli reduce dalla prima avventura di Indiana Jones), decise di affidare ad un altro regista il compito di dirigere Poltergeist. La scelta cadde su Tobe Hooper, texano specializzato in storie dell'orrore sin dal suo esordio (Egghells) che aveva raggiunto popolarità internazionale col suo Non aprite quella porta (1973). Spielberg aveva incontrato Hooper quattro anni dopo averlo visto, e gli aveva detto: "E' veramente un film di culto, uno dei film più viscerali che siano mai stati realizzati. Comincia dallo stomaco e poi sale fino al cuore. Da cineasta a cui piace vedere di tutto, l'ho adorato." Hooper aveva iniziato come documentarista seguendo l'attività di un gruppo musicale pop-folk ed era poi entrato in qualità di Assistente alla Regia all'Università del Texas, lavorando ai suoi film e insegnando al tempo stesso. I due si incontrarono di nuovo nel 1980. Hooper aveva appena completato Il tunnel dell'orrore e ricorda che "Steven mi disse che voleva produrre più film e mi chiese di dirigere per lui". L'occasione fu appunto offerta da questa storia di poltergeist, parola di origine tedesca che fa riferimento a quei rumorosi spiriti che, secondo i parapsicologici, spostano gli oggetti nelle case e, a differenza dei fantasmi, stazionano in uno stesso posto per non più di due mesi. Sembrano essere attratti da abitazioni in cui vivono bambini, elemento base su cui il film costruisce la portante della trama.
Così come la sceneggiatura di E.T. fu affidata a Melissa Mathison, quella di Poltergeist fu scritta da Michael Grais e Mark Victor, due sceneggiatori che si erano fatti le ossa in televisione, scrivendo per la serie poliziesca Kojak. Spielberg naturalmente supervisionava il tutto ed è accreditato sia come soggettista che come co-sceneggiatore. La vicenda si svolge praticamente per intero nella nuova casa della famiglia Freeling, padre, madre e tre figli. La più piccola, Carol Anne, una notte si sveglia e si siede davanti alla TV, sintonizzata su un canale senza alcun segnale. "Sono arrivati", dice ai genitori che la guardano perplessi. A chi si riferisce ? Chi è arrivato ? La famiglia e gli spettatori lo scoprono di li a poco: un'orda di spettri invade l'abitazione e trascina la bambina in una sorta di limbo spettrale. L'unico modo per poter parlare con lei è attraverso la televisione. Disperati i genitori chiedono l'intervento di un gruppetto di esperti di fenomeni paranormali che si insediano in casa loro con telecamere e strumenti elettronici vari, al fine di raccogliere prove su quanto sta accadendo. L'arrivo della minuscola sensitiva-medium Tangina permetterà di capire cosa sta succedendo: l'intero quartiere è stato costruito di nascosto sul terreno di un antico cimitero indiano. Le lapidi sono state spostate ma la bare, coi corpi, sono rimaste li sotto. Un caso clamoroso di malaedilizia che ha scatenato le (legittime) ire ultraterrene dei precedenti occupanti, i cui spiriti vagano adesso infuriati in cerca di un varco che li conduca - finalmente - alla pace eterna...
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