Ammettetelo: l'imitazione di Tolkien vi ha stufato. D'altra parte, uno dei perfidi scopi del perfido autore di questa perfida rubrica è stigmatizzare (sempre con il massimo rispetto e ammirazione, ricordiamolo) il protrarsi più o meno polpettoso di saghe, serial e n-logie. E cos'è più efficace, per beffeggiare la filosofia stessa alla base del sistema delle saghe, di proporre una bella, lunga, ripetitiva, monotona e insopportabile saga?
Peraltro, le tormentate vicende del povero Trappo Trapattins hanno commosso più di un lettore (soprattutto, più di una lettrice, che come si sa rappresentano il nostro target primario) dunque non potevamo esimerci dallo scriverne un degno finale. Come spesso avviene, un personaggio buttato giù quasi per caso nel gran calderone di una storia ben più ampia finisce per ritagliarsi molto più spazio di quanto gli fosse stato assegnato, riuscendo a "bucare" la pagina e attrarre su di sé la comprensione e il favore di tutti, autore compreso.
Nel caso del piccolo hobbit-allenatore della hobbit-nazionale, ciò è successo forse perché l'hobbit in questione è alter-ego virtuale di un personaggio in carne e ossa che, nel bene o nel male, il calciofilo italioto medio difficilmente dimenticherà (anche se magari lo pagherebbe per riuscirci).
Comunque sia, davvero non potevamo lasciare il povero Trappo e la sua hobbit-squadra alla mercé degli spietati orchi-brasiliani. Vi assicuriamo che leggere come riuscirà a cavarsela sarà una sorpresa di raro divertimento. Per noi, almeno, scriverla è stato una gran goduria, e quando ci si diverte non si può fare a meno di trasmettere il buonumore.
Tornando a Tolkien, dobbiamo ancora una volta scusarci con la memoria del Maestro e nei confronti della legione di suoi critici e/o ammiratori e/o esperti: essendo chi scrive dichiaratamente un conoscitore superficiale dell'opera tolkeniana, abbiamo fatto nostro un frettoloso luogo comune che vede Tolkien autore di destra, reazionario e conservatore. Chiediamo perdono.
Certo sarebbe interessante (qualche esperto più serio di noi l'avrà forse già fatto, chissà!) riclassificare politicamente Tolkien alla luce delle categorie politiche odierne, che magari all'epoca del Maestro neppure esistevano. Vale a dire, portando le idee di Tolkien fuori dal contesto temporale e sociale a cui appartenevano, in quale casella dell'odierno dibattito, parlamentare e non, andrebbero a cadere? Pensateci. Sarebbe davvero così provocatorio raffigurarci il Maestro, con tutte le sue visioni bucoliche e anti-industriali, mentre sfila per le vie di Firenze con indosso la tuta dei no-global?
Cari lettori, vi lascio con questo dubbio. E' tutto. Non dimenticate, vi aspetto al cinema per la prima italiana de "Le due torri". E mi raccomando: alle otto precise.
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