E la SF che siamo abituati a conoscere è fatta di immagini, elementi, trame che volutamente riflettono sui loro precedenti: una fantascienza che si ripensa continuamente, un modo di scrivere che crea un repertorio comune proprio grazie a quei lettori, e grazie a quella rivoluzione nata in America Infatti, a darle forma è anche e soprattutto la nascita del fandom, quel nucleo di connoisseur che si sviluppa in maniera indipendente e autonomo a partire dalla rete di club di lettori promossa dall'editore Hugo Gernsback. Sin dalla fine degli anni Trenta, una parte di quei lettori "attivi" prende in mano il genere da loro amato; dalle loro fila, molti passano a un ruolo nel mondo dei professionisti (autori, curatori di riviste, agenti, critici, perfino editori), a partire da figure come Charles Hornig, Mort Weisinger, Frederik Pohl, Donald A. Wollheim.
Pensiamo all'esplosione dei paperback nel dopoguerra, che ancora raggiungono nuovi lettori, diversi da quelli tradizionali: forse per la prima volta si può parlare di un'alfabetizzazione di massa. E la fantascienza ne trae beneficio, raggiungendo persone e posti come quelli descritti, con affetto e autoironia, nei romanzi di Philip K. Dick. Nascono editori e collane, dalla Ace alla Ballantine, mentre nel corso degli anni Cinquanta si succedono almeno una sessantina di riviste solo negli Usa; si diffondono le antologie che riportano o mantengono in stampa i racconti usciti su rivista, dalla prima curata da Donald A. Wollheim col suo Pocket Book of Science Fiction (nel 1943), ad altre curate da Groff Conklin, Frank McComas, Tony Boucher, a cui seguono Knight e infiniti altri. La serie dei Best dell'anno di T. E. Dikty ed Everett F. Bleiler inaugurano nel 1949 una tradizione poi seguita da Judith Merril e negli anni Sessanta-Settanta di Wollheim, Terry Carr, Harry Harrison e Brian Aldiss, fino agli esempi odierni di Gardner Dozois e David Hartwell. In altre parole, la forma privilegiata della SF resta il racconto, sulle riviste più tradizionali come su quelle innovative come Galaxy e Fantasy & Science Fiction. Per quanto riguarda i libri, è davvero notevole l'assenza quasi totale della SF dalle classifiche americane dei best-seller, basate soltanto sulle vendite dei rilegati: curiosamente, a giudicare dagli elenchi ufficiali, i maggiori successi sembrano provenire dalla fantascienza "alta" piuttosto che dal genere vero e proprio (George Orwell, Aldous Huxley, Nevil Shute, Ayn Rand, William Golding) o dall'effetto di film di successo (Orizzonte perduto di James Hilton, e negli anni Sessanta i fantapolitici Fail Safe e Sette giorni a maggio, oltre allo stesso 2001 di Arthur C. Clarke). Quello dei tascabili resta un mercato "inferiore", indegno di considerazione, invisibile nonostante le sue dimensioni di massa (un po' come quello italiano dei libri venduti in edicola); e d'altra parte per la fantascienza si tratta vendite "lente" ma continue piuttosto che di boom momentanei. Gli unici rilegati, per molti anni, sono quelli di piccoli editori specializzati con tirature solitamente al di sotto delle 5000 copie: Fantasy Press, Gnome, Shasta, Arkham ed altre, solitamente fondate da fan, a cui si deve una certosina opera di recupero e promozione degli autori cresciuti nei pulp. In quegli anni nasce anche la critica degli insider, inaugurata nel 1947 dall'antologia curata da Lloyd Arthur Eschbach, Of Worlds Beyond e nel 1953 dalla guida di L. Sprague De Camp, Science-Fiction Handbook, insieme agli articoli storico-biografici di Sam Moskowitz e al lavoro di recensori come James Blish e Damon Knight. Sempre negli anni Cinquanta nascono i primi corsi universitari, tenuti da Moskowitz a New York e Dikty a Chicago, e ci sono i primissimi studi "accademici".
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