Queste posizioni derivano in parte dallo studio dei sistemi nonlineari, sistemi per cui non vale il principio della sovrapposizione degli effetti tipico dei sistemi lineari. In altri termini, il comportamento del sistema soggetto a condizioni complesse non può essere ricavato assoggettandolo alle varie perturbazioni ad una ad una e poi sommando i risultati.
L'esempio della dinamica celeste è significativo: il comportamento di ciascun pianeta può essere calcolato considerando di volta in volta solamente il pianeta in esame ed il Sole. Questo approccio è quello classico, da Newton in poi. Ma per ottenere una precisione maggiore è indispensabile introdurre le perturbazioni che i pianeti esercitano l'uno sull'altro, entrando nel campo di quella che viene spesso definita 'astrodinamica nonlineare', in cui il sistema solare deve essere studiato come un insieme di pianeti.
Quando poi si studiano sistemi complessi come gli esseri viventi, in cui il sistema complessivo è palesemente più della semplice somma delle sue parti, il riduzionismo diviene spesso insufficiente ed è necessario tenere conto di una moltitudine di aspetti contemporaneamente.
Il problema è che procedendo troppo oltre in questa direzione si giunge spesso ad una complessità tale da rendere impossibile una trattazione rigorosa del problema e che l'approccio olistico diviene una via attraverso la quale si fanno strada pseudoscienze, affermazioni né dimostrate né dimostrabili e impressioni soggettive elevate al rango di risultati scientifici.
La ricerca della vita e dell'intelligenza extraterrestre è un campo in cui questo pericolo è sempre in agguato perché la complessità dell'argomento è molto grande, le singole discipline coinvolte sono così disparate da rendere impossibile ad un singolo ricercatore di avere una buona padronanza di tutto il campo di ricerca e infine l'impatto emotivo degli argomenti trattati è tale da rendere difficile una vera oggettività.
Un principio che si è lentamente fatto strada nella scienza moderna è il cosiddetto principio di mediocrità. Nell'antichità si credeva in un Universo infinitamente più piccolo di quello che la scienza moderna ci mostra (anche se probabilmente all'uomo di allora sembrava incredibilmente grande), e si assegnava alla Terra ed all'uomo il posto centrale. E' vero che la filosofia greca formulò l'ipotesi eliocentrica molto prima di Copernico, ma non erano molti quelli che credevano che la Terra girasse intorno al Sole. La rivoluzione Copernicana, che consisteva proprio nel togliere l'uomo dal centro del creato, ha dato vita ad un modo di vedere completamente nuovo, con profonde conseguenze non solo in campo scientifico. Non c'è da stupirsi se un cambiamento di paradigma del genere è stato osteggiato ed ha faticato ad affermarsi.
Ma quello di Copernico è stato solo un primo passo. Dopo la Terra, anche il Sole ha perso il posto centrale nell'universo. Anche qui non sono mancati i precursori, da alcuni filosofi greci a Giordano Bruno che credeva in un universo infinito, senza alcun centro, tuttavia solamente l'astronomia ha potuto fornire le prove di quella che altrimenti rimaneva un'ipotesi.
Si comprese così che la Via Lattea che vediamo nel cielo è la traccia del disco galattico, visto dall'interno, e che il Sole è una delle tante stelle che orbitano, peraltro in modo complesso, intorno al suo centro.
Poi toccò al centro galattico di perdere la posizione centrale: si scoperse che la Via Lattea era una dei miliardi di galassie, distribuite in modo irregolare nell'universo. Aveva quasi ragione Giordano Bruno: l'universo non ha un centro, anche se molto probabilmente non è infinito.
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