Il risultato di tutto questo lavoro di ricerca è stata una profonda rivoluzione nelle conoscenze sul sistema solare e sugli altri corpi celesti. Oggi ci si rende conto che l'universo è molto diverso da quello che si riteneva anche solo quindici o venti anni fa.
A prima vista questa rivoluzione ha costretto la scienza a ridimensionare drasticamente le speranze di trovare esseri viventi extraterrestri, almeno per quanto riguarda il sistema solare, e di poter un giorno non lontano espandere la zona abitata dall'uomo verso altri pianeti. I pianeti più vicini si sono rivelati ben più ostili di quanto si ritenesse in passato, e si è diffusa l'idea di un universo, o almeno di un sistema solare, completamente sterile e privo di forme di vita. Su questo argomento i biologi sono generalmente molto più pessimisti degli astronomi, forse perché conoscendo in dettaglio quanto complessa e fragile sia la vita si rendono conto meglio di altri delle difficoltà che si oppongono ad un suo sviluppo generalizzato.
Le scoperte della planetologia degli anni settanta ed ottanta hanno portato molti a pensare che la vita sulla terra sia un accidente unico e irripetibile, in un universo non solo indifferente ma in generale ostile.
Recentemente però questa visione pessimistica ha iniziato a trasformarsi e la visione di un universo in cui la vita è un fenomeno comune, o addirittura un esito necessario dell'evoluzione della materia inanimata, ha ripreso quota. E con essa la speranza che l'uomo possa portare egli stesso con la sua presenza la vita nel sistema solare ed oltre.
Sin qui si è parlato di vita in generale, termine che, già sulla Terra, comprende una estrema varietà di esseri, dai batteri all'uomo, per non parlare di forme quali i virus che non si riesce a classificare né tra la materia non vivente né tra quella vivente. Con ogni probabilità se si scopriranno forme di vita extraterrestri ci si renderà conto che la varietà di esseri viventi è ancora molto maggiore, forse incomparabilmente maggiore, e che in molti casi sarà estremamente difficile capire se ci si troverà di fronte a esseri viventi o no.
Non c'è alcun dubbio però che l'uomo è interessato principalmente ad un particolare aspetto della vita, l'intelligenza. L'intelligenza viene in generale concepita come l'apice dell'evoluzione della materia vivente e ci si chiede se il processo che ha portato alla comparsa su questo pianeta di una specie intelligente ed autocosciente (le due cose coincidono o è pensabile un essere che possieda una delle due e non l'altra?) sia un aspetto necessario o almeno comune dell'evoluzione oppure un caso fortuito, magari una specie di errore del processo evolutivo che l'evoluzione stessa o, per i più pessimisti, la tendenza dell'uomo all'autodistruzione, correggerà quanto prima.
Se la bioastronomia potrà difficilmente dare una risposta in tempi brevi alle domande sulla vita in generale, la situazione è ancora più complessa per quanto riguarda la vita intelligente. Svanita la speranza (quasi la certezza, se ad esempio ci si riferisce all'astronomia della fine del XIX secolo) che su Marte si sia sviluppata una specie intelligente e tecnologicamente avanzata, oggi ci si rende conto che se esistono altre specie intelligenti, esse si trovano sicuramente a grandissima distanza.
Esclusa quindi, almeno per ora, la possibilità di studiare esseri intelligenti extraterrestri da vicino, inviando sonde automa tiche o andando in prima persona, non resta altro che osservare l'universo alla ricerca di indizi della loro presenza. Le attività scientifiche volte ad identificare forme di vita intelligente che si siano sviluppate fuori dal pianeta Terra e a stabilire un contatto, generalmente indicate con l'acronimo SETI, che sta per Search for ExtraTerrestrial Intelligence, ricerca dell'intelligenza extraterrestre, vengono per lo più svolte mediante radiotelescopi, anche se vi sono studiosi che perseguono quello che si definisce generalmente SETI ottico, cercando le tracce di intelligenze extraterrestri con i telescopi.
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